Lei è venuta da lontano, e io, senza aspettarla, sapevo che arrivava. Che fare se posso appena vederla al passo del vento, se la sua voce è profumo che mi perseguita e fugge, se il suo corpo è un sogno da cui mi desto in pianto se le sue mani son petali, che solo posso sfiorare, e il suo riso, arcobaleno lontano nel silenzio umido della sera? Nicolás Cristóbal Guillén Batista
Il
tempo umano non ruota in cerchio ma avanza veloce in linea retta. È per
questo che l’uomo non può essere felice, perché la felicità è desiderio
di ripetizione. MILAN KUNDERA, L’insostenibile leggerezza dell’essere
È bello tornare Togliersi le scarpe Lavare via con l’acqua la polvere del lungo giorno Toccare nuda le pareti nude della casa Camminare come cieca tra i mobili, i libri, le lampade come una cieca che possiede solo queste povere cose Dovrei sistemare le porte, ridipingere il soffitto smerigliare gli specchi dove mi smarrisco dove guardo una che non può scappare da nessuna parte perché la casa è una torre che nessuno conosce Meglio così Mi basta quello che ho Mie sono le formiche assorte il percorso brillante delle lumache la rana appena nata nel bagno di mia figlia e questo lungo blues per dire il tuo nome come un trofeo. Soledad Álvarez (Santo Domingo, 1950)
Mai che l'attimo si fermi, da guardare, capire. Sempre una corsa. Cogliere lembi. Udire parole mozze, promesse a metà- Così risa, musiche, amori, sogni. Tutto accennato e lasciato. Elio Pecora
Dio mio se avessi un pezzo di vita, non lascerei passare un solo giorno senza dire alle persone che amo, che le amo. Direi ad ogni uomo e ad ogni donna che sono i miei prediletti
e vivrei innamorato dell’amore. Mostrerei agli uomini quanto sbagliano
quando pensano di smettere di innamorarsi man mano che invecchiano, non
sapendo che invecchiano quando smettono di innamorarsi! Gabriel Garcìa Marquez
Ti esploro, mia carne, mio oro, corpo mio, che ti spio, mia cruda carta nuda, che ti segno, che ti sogno, con i miei seri, severi semi neri, con i miei teoremi, i miei emblemi, che ti batto e ti sbatto, e ti ribatto, denso e duro, tra le tue fratte, con il mio oscuro, puro latte, con le mie lente vacche, tritamente, che ti accendo, se ti prendo, con i miei pampani di ruggine, mia fuliggine, che ti aspiro, ti respiro con le tue nebbie e trebbie, che ti timbro con tutti i miei timpani, con le mie dita che ti amano, che ti arano, con l mia matita che ti colora, ti perfora, che ti adora, mia vita, mio avaro amore amaro: io sono qui così, la zampa del mio uccello, di quello che ti gode e ti vigila, sono la papilla giusta che ti degusta, la pupilla che ti vibra e ti brilla, che ti tintinna e titilla; sono un irto, un erto, un ermo ramo, io che ti pungo, mio fungo, io che ti bramo: sono pallida pelle che si spella, mia bella, io, passero e pettirosso del tuo fosso: io la piuma, io l’osso, che ti scrivo: io, che ti vivo E. Sanguineti, L’ultima passeggiata – Omaggio a Pascoli – 1982
Sono un tranquillante. Agisco in casa, funziono in ufficio, affronto gli esami, mi presento all’udienza, incollo con cura le tazze rotte – devi solo prendermi, farmi sciogliere sotto la lingua, devi solo mandarmi giù con un sorso d’acqua. So come trattare l’infelicità, come sopportare una cattiva notizia, ridurre l’ingiustizia, rischiare l’assenza di Dio, scegliere un bel cappellino da lutto. Che cosa aspetti – Fidati della pietà chimica. Sei un uomo (una donna) ancora giovane, dovresti sistemarti in qualche modo. Chi ha detto Che la vita va vissuta con coraggio? Consegnami il tuo abisso – Lo imbottirò di sonno. Mi sarai grato (grata) Per la caduta in piedi. Vendimi la tua anima. Un altro acquirente non capiterà. Un altro diavolo non c’è più. Wislawa Szymborska (da “Ogni caso”, 1972)
Esistono molte solitudini intersecate - dice - sopra e sotto ed altre in mezzo; diverse o simili, ineluttabili, imposte o come scelte, come libere - intersecate sempre. Ma nel profondo, in centro, esiste l'unica solitudine - dice; una città sorda, quasi sferica, senza alcuna insegna luminosa colorata, senza negozi, motociclette, con una luce bianca, vuota, caliginosa, interrotta da bagliori di segnali sconosciuti. In questa città da anni dimorano i poeti. Camminano senza far rumore, con le mani conserte, ricordano vagamente fatti dimenticati, parole, paesaggi, questi consolatori del mondo, i sempre sconsolati, braccati dai cani, dagli uomini, dalle tarme, dai topi, dalle stelle, inseguiiti dalle loro stesse parole, dette o non dette. Ghiannis Ritsos
Gli dei lanciano i dadi, ma non domandano se vogliamo partecipare al gioco. Non vogliono sapere se hai lasciato un uomo, una casa, un lavoro, una carriera, un sogno. Gli dei non badano al fatto che tu vuoi avere una vita in cui ogni cosa sia al proprio posto, in cui ogni desiderio si possa esaudire con il lavoro e la pertinacia. Gli dei non tengono conto dei nostri piani e delle nostre speranze. In qualche luogo dell'universo, loro lanciano i dadi e, casualmente, vieni scelto tu. Da quel momento in poi, vincere o perdere è solo questione di opportunità. Gli dei lanciano i dadi e liberano l'amore dalla sua gabbia. Questa forza può creare o distruggere, a seconda della direzione in cui soffiava il vento nel momento in cui si è liberata dalla prigione. L'amore può condurci all'inferno o in paradiso, comunque ci porta sempre in qualche luogo. É necessario accettarlo, perché esso è ciò che alimenta la nostra esistenza. Se non lo accettiamo, moriremo di fame pur vedendo i rami dell'albero della vita carichi di frutti: non avremo il coraggio di tendere la mano e di coglierli. É necessario ricercare l'amore la dove si trova, anche se ciò potrebbe significare ore, giorni, settimane di delusione e di tristezza. Perchè nel momento in cui partiamo in cerca dell'amore, anche l'amore muove per venirci incontro. E ci salva. E nell'amore non esistono regole. Possiamo tentare di seguire dei manuali, di controllare il cuore, di avere una strategia di comportamento. Ma sono tutte cose insignificanti. Decide il cuore. E quando decide è ciò che conta. Paulo Coelho
Dio, la mia testa! Stamattina già cinque caffè e tanta nicotina Dammi due cachet E lo stomaco! Ci ho proprio un chiodo nel duodeno saranno le tre grappe o i Campari a digiuno? (Il Martini? ma via ne ho preso solo uno!) Piuttosto è la Vodka che m’ha un po’ agitato per fortuna col Valium mi sono calmato (ma, credi a me il massimo è il Tavor con Gin e Fernet) Adesso però devo star su fino a domattina mi sparo due caffè Optalidon e Aspirina e se proprio crollo un’Anfetamina Ah, sí le sigarette io quando lavoro devo aver lí sul tavolo una stecca di Marlboro se no, non riesco Forza, partiamo! Due whiskini ghiacciati e scriviamo un bel pezzo su quei poveri drogati (Ahi, la mia testa, presto altri due cachet) Dunque: perché lo fanno? Perché? Perché? Stefano Benni
Non ci sono tesori, dicono i pellegrini che ritornano. Se ne stanno lì, sul ciglio delle strade, sulle sponde di mari e fiumi, senza dormire e senza poter toccare l'acqua, maleodoranti e allucinati, a indicare impauriti l'orizzonte. Non ci sono tesori, dicono e chiudono gli occhi, e spezzano i bastoni, e si gettano a terra e non aspettano. Non implorano più, non supplicano più. Il cielo non risponde e non c'è speranza nei sogni. È una menzogna la storia dei galeoni sommersi. Non esistono i forzieri sepolti sul fondo degli oceani, con tutto l'oro delle antiche corti, coi rubini, gli smeraldi e le corone degli imperi scomparsi. Non c'è mai stato un simile sfavillio in mezzo ai pesci, ripetono, deliranti, i pellegrini che tornano. Ignori perché si sono stancati, chi li ha dissuasi, quale demone dell'impazienza ha spento tra le alghe la luce dell'oro e delle pietre preziose. Tu ti fermi un istante. Non ci sono tesori, gridano disperati. (Non voltare la testa. Non li vedere con gli occhi vuoti. Non li sentire. La strada è lunga e non c'è tempo da perdere.) Abilio Estevez
Eri dritta e felice Sulla porta che il vento Apriva alla campagna. Intrisa di luce Stavi ferma nel giorno, Al tempo delle vespe d'oro Quando al sambuco Si fanno dolci le midolla. Allora s'andava scalzi Per i fossi, si misurava l'ardore Del sole dalle impronte Lasciate sui sassi. Leonardo Sinisgalli
Se mi hai amato mi verrai a cercare, sono certo che mi verrai a cercare: in ogni pietra, in ogni sguardo e in tutte le stelle. Perchè il mio corpo scomparirà, il tuo corpo scomparirà, ma ciò non farà alcuna differenza. Perchè, se ci fosse la benchè minima differenza, vorrebbe dire che tra noi non è accaduto l’amore. Perchè l’amore è fuori dal tempo eterno, immortale. Se mi hai amato mi verrai a cercare, sono certo che mi verrai a cercare, e mi troverai: in ogni sguardo e in tutte le stelle. Osho
Voglio uno sciopero dove incontrarci tutti. Uno sciopero di braccia, di gambe, di capelli, uno sciopero che nasca in ogni corpo. Voglio uno sciopero di operai, di colombe di autisti, di fiori di tecnici, di bambini di medici, di donne. Voglio un grande sciopero, che arrivi sino all'amore. Uno sciopero dove si fermi tutto, l'orologio, le fabbriche lo stabilimento, le scuole l'autobus, gli ospedali la strada, i porti. Uno sciopero di occhi, di mani, di baci. Un grande sciopero dove non sia permesso respirare, uno sciopero dove nasca il silenzio per ascoltare i passi del tiranno che si allontana. Gioconda Belli
Non esiste spugna per lavare il cielo ma se anche, tu potessi insaponarlo e poi sciacquarlo con secchi e secchi di mare e stenderlo al sole perchè asciughi sempre ti mancherebbe un uccello in silenzio non esistono metodi per toccare il cielo ma se anche, tu ti allungassi come una palma e riuscissi a sfiorarlo nei tuoi delirii e sapessi, infine, come è al tatto sempre ti mancherebbe la nube di cotone non esiste un ponte per attraversare il cielo ma se anche, tu riuscissi a raggiungere l’altra sponda a forza di ricordi e pronostici e comprovassi che non è così difficile sempre ti mancherebbe il pino del crepuscolo questo perchè si tratta di un cielo che non è il tuo nonostante sia impetuoso e stracciato quando invece arriverai a quello che ti appartiene non lo vorrai lavare nè toccare nè attraversare ma ci saranno l’uccello la nuvola e il pino. Mario Benedetti
“Cambia ciò che è superficiale e anche ciò che è profondo cambia il modo di pensare cambia tutto in questo mondo. Cambia il clima con gli anni cambia il pastore il suo pascolo e così come tutto cambia che io cambi non è strano. Cambia il più prezioso brillante di mano in mano il suo splendore, cambia nido l’uccellino cambia il sentimento degli amanti. Cambia direzione il viandante sebbene questo lo danneggi e così come tutto cambia che io cambi non è strano. Cambia, tutto cambia cambia, tutto cambia cambia, tutto cambia cambia, tutto cambia. Cambia il sole nella sua corsa quando la notte persiste, cambia la pianta e si veste di verde in primavera. Cambia il manto della fiera cambiano i capelli dell’anziano e così come tutto cambia che io cambi non è strano. Ma non cambia il mio amore per quanto lontano mi trovi, né il ricordo né il dolore della mia terra e della mia gente. E ciò che è cambiato ieri di nuovo cambierà domani così come cambio io in questa terra lontana. Cambia, tutto cambia…”. Mercedes Sosa
- Dimmi, enigmatico uomo, chi ami di più? tuo padre, tua madre, tua sorella o tuo fratello? - Non ho né padre, né madre, né sorella, né fratello. - I tuoi amici? - Usate una parola il cui senso mi è rimasto fino ad oggi sconosciuto. - La patria? - Non so sotto quale latitudine si trovi. - La bellezza? - L’amerei volentieri, ma dea e immortale. - L’oro? - Lo odio come voi odiate Dio. - Ma allora che cosa ami, meraviglioso straniero? - Amo le nuvole… Le nuvole che passano… laggiù… Le meravigliose nuvole! Charles Baudelaire (Lo straniero)
A quel tempo avevo vent’anni ed ero pazzo. Avevo perduto un paese ma guadagnato un sogno. E avendo quel sogno tutto il resto non aveva importanza. Né lavorare né pregare né studiare all’alba in compagnia dei cani romantici. Il sogno viveva nel vuoto del mio spirito. Una casa di legno, nella penombra, in un polmone dei tropici. A volte qualcosa mi tormentava e facevo visita al sogno: statua che si perpetua in pensieri liquidi, verme bianco che si contorce nell’amore. Un amore sfrenato. Un sogno dentro un altro sogno. L’incubo mi diceva: crescerai. Lascerai dietro di te le immagini del dolore e del labirinto e dimenticherai. Ma a quel tempo crescere sarebbe stato un crimine. Sono qui, dissi, con i cani romantici e qui resterò. Roberto Bolaño, da I cani romantici, 2006
Per
quanto una situazione possa sembrare disperata, c’è sempre una
possibilità di soluzione. Quando tutto attorno è buio non c’è altro da
fare che aspettare tranquilli che gli occhi si abituino all’oscurità. Haruki Murakami
Mi
sentivo vuoto. Non potevo scrivere, ne` pensare ne` sentire. Se mi
avessero chiesto chi ero, la mia risposta sarebbe stata: -Sono uno
specchio in frantumi-.
Improvvisamente fu piena estate. I campi verdi di grano, cresciuti e riempiti nelle lunghe settimane di piogge, cominciavano a imbiancarsi, in ogni campo il papavero lampeggiava col suo rosso smagliante.La bianca e polverosa strada maestra era arroventata, dai boschi diventati più scuri risuonava più spossato, più greve e penetrante il richiamo del cuculo, nei prati delle alture, sui loro flessibili steli, si cullavano le margherite e le lupinelle, la sabbia e le scabbiose, già tutte in pieno rigoglio e nel febbrile, folle anelito della dissipazione dell'approssimarsi della morte perché a sera si sentiva qua e là nei villaggi il chiaro, inesorabile avvertimento delle falci in azione.
Io sono nelle parole così languidamente muto. Sono maschere le mie sentenze. E racconto a voi tutti: racconto favole, poiché così mi è destinato, ma non comprendo per qual motivo; poiché da tempo ogni cosa è fuggita nel buio; poiché poco importa ch'io sappia o lo ignori; poiché mi attedio dovunque: poiché la favola -smeraldina- in cui ogni cosa è diversa... poiché si ha voglia di svaghi a dismisura poiché la penosa esistenza ha per tutti la stessa conclusione... poiché infine, a che scopo questo inferno? poiché una sola è la fine per tutti... E in me si leva una risata sopra il destino di tutti e su me stesso! Andrej Belyj
Secondo
me gli italiani e l'Italia hanno sempre avuto un rapporto conflittuale.
Ma la colpa non è certo dell'Italia, ma degli italiani che sono sempre
stati un popolo indisciplinato, individualista, se vogliamo un po'
anarchico, ribelle, e troppo spesso cialtrone.
Secondo me gli italiani non si sentono per niente italiani. Ma quando vanno all'estero li riconoscono subito.
Secondo me gli italiani sono cattolici e laici. Ma anche ai più laici piace la benedizione del Papa. Non si sa mai...
Secondo me gli italiani sono poco aggiornati e un po' confusi perché non leggono i giornali. Figuriamoci se li leggessero!
Secondo me non è vero che gli italiani sono antifemministi. Per loro la donna è troppo importante. Specialmente la mamma.
Secondo me gli italiani hanno sempre avuto come modello i russi e gli
americani. Ecco come va a finire quando si frequentano le cattive
compagnie.
Secondo me gli italiani sentono che lo Stato gli vuol bene. Anche perché non li lascia mai soli.
Secondo me gli italiani sono più intelligenti degli svizzeri. Ma se si
guarda il reddito medio procapite della Svizzera, viene il sospetto che
sarebbe meglio essere un po' più scemi.
Secondo me gli italiani sono tutti dei grandi amatori. Peccato che nessuna moglie italiana se ne sia accorta.
Secondo me gli italiani al bar sono tutti dei grandi statisti. Ma quando vanno in parlamento sono tutti statisti da bar.
Secondo me un italiano quando incontra uno che la pensa come lui fa un partito. In due è già maggioranza.
Secondo me gli italiani sono i maggiori acquirenti di telefonini. E non
è vero che tutti quelli che hanno il telefonino sono imbecilli... è che
tutti gli imbecilli hanno il telefonino.
Secondo me gli
italiani non sono affatto orgogliosi di essere italiani. E questo è
grave. Gli altri invece sono orgogliosi di essere inglesi, tedeschi,
francesi, e anche americani… e questo è gravissimo.
Secondo me gli italiani sono i più bravi a parlare con i gesti. E quando devono pagare le tasso fanno… [gesto dell'ombrello].
"Italiani popolo di combattenti". L'ha detto Giosuè Carducci.
"Italiani popolo di pensatori". L'ha detto Benedetto Croce.
"Italiani popolo di eroi". L'ha detto Gabriele D'Annunzio.
"Italiani popolo di sognatori". L'ha detto Gigi Marzullo.
Secondo me gli italiani e l'Italia hanno sempre avuto un rapporto
conflittuale. Ma la colpa non è certo degli italiani, ma dell'Italia che
ha sempre avuto dei governi con uomini incapaci, deboli, arroganti,
opportunisti, troppo spesso ladri, e in passato a volte addirittura
assassini.
Eppure gli italiani, non si sa con quale miracolo,
sono riusciti a rendere questo paese accettabile, vivibile, addirittura
allegro.
Un’altra vita per te ho conosciuta, bocca d’alba perduta. Un’altra sete, un’altra giovinezza, occhi di tenerezza. Un cuore nuovo al vento che ti culla, gran chioma di betulla. Un primo amore pungente e divino, mani di biancospino. Il tuo felice addio sempre annunciato, mio futuro radioso di passato. Simone Weil
Stupore supremo, se talora in cuore stanchezza del vivere mi tenta, tacitamente, Terra, dall’eterno tuo incanto esser toccata, e nella luce bionda alberi scorgere, salienti inni, e onde e rupi ed erbe gemmee nell’etere sospese, stupore supremo poter improvvisa nel pianto ancora dal tuo incanto tacitamente esser toccata,Terra. Sibilla Aleramo
Un gatto che dorme il pomeriggio nel larghissimo letto padronale in un punto qualunque, però comodo, che si sveglia in un’ora qualunque perchè qualcuno passa e lo carezza, non si sveglia del tutto nè si chiede chi è che lo carezza, ma si porge dal sonno solo un pò per stirarsi in arrendevole lunghezza perchè duri di più quella carezza. Forse così potrebbe essere l’Amore Patrizia Cavalli
Niente è mai veramente perduto, o può essere perduto, Nessuna nascita, forma, identità, nessun oggetto del mondo. Nessuna vita, nessuna forza, nessuna cosa visibile; l’apparenza non deve ostacolare, né l’ambito mutato confonderti il cervello. Vasto è il Tempo e lo Spazio, vasti i campi della Natura. Il corpo, lento, freddo, vecchio - cenere e brace dei fuochi di un tempo, la luce velata degli occhi tornerà a splendere al momento giusto; il sole ora basso a occidente sorge costante per mattini e meriggi; alle zolle gelate sempre ritorna la legge invisibile della primavera, con l’erba e i fiori e i frutti estivi e il grano. Walt Whitman
Se io, ancor che nessuno, potessi avere sul volto quel lampo fugace che quegli alberi hanno, avrei quella gioia delle cose al di fuori, perché la gioia è dell’attimo; dispare col sole che gela. Qualunque cosa m’avrebbe meglio giovato della vita che vivo - vivere questa vita di estraneo che da lui, dal sole, mi era venuta! Viaggiare! Perdere paesi! Essere altro costantemente, non avere radici, per l’anima, da vivere soltanto di vedere! Neanche a me appartenere! Andare avanti, andare dietro l’assenza di avere un fine, e l’ansia di conseguirlo! Fernando Pessoa, Lisbona 1888 – 1935
Non so se è amore che possiedi o amore che simuli quello che mi dai. Dammelo. Questo mi basta. Se non lo sono più per età, che io sia giovane per sbaglio. Poco gli déi ci danno, e quel poco è illusorio. E tuttavia, quando ce lo danno, pur illusorio, come dono è autentico. Lo accolgo, chiudendo gli occhi: mi basta. Ma che pretendo di più? Fernando Pessoa
Gli angeli vennero a cercarla La trovarono al mio fianco, lì dove le sue ali l’avevano guidata. Gli angeli vennero per portarla via. Aveva lasciato la loro casa, il loro giorno più chiaro ed era venuta ad abitare presso di me. Mi amava perché l’amore ama solo le cose imperfette. Gli angeli vennero dall’alto e la portarono via da me. Se la portarono via per sempre tra le ali luminose. É vero che era la loro sorella e così vicina a Dio come loro. Ma mi amava perché il mio cuore non aveva una sorella. Se la portarono via, ed è tutto quel che accadde. Fernando Pessoa
Dov’eri tu, dov’eri, mia amata, mentre ti cercavo nelle taverne, alla luce delle candele, all’ombra dei bicchieri… Mentre ti cercavo sorseggiando il mio vino, nella malinconia delle tombe nelle volute della mia sigaretta nelle luci smorzate della notte dov’eri tu, mia amata, dov’eri quando ti cercavo nella palma della mia mano nel silenzio delle tue labbra nell’angolo del mio cuore dov’eri tu, dov’eri, mia amata? CRAZY ALI (Ortahisar -TURKEY)
E’ ritornato. Non ha detto nulla. Era chiaro però che aveva avuto un dispiacere. Si è coricato col vestito. Ha messo la testa sotto la coperta. Ha ripiegato le gambe. E’ sulla quarantina, ma non in questo momento. Esiste – ma solo quanto nel ventre di sua madre, al di là di sette pelli, al riparo del buio. Domani terrà una conferenza sull’omeostasi nella cosmonautica metagalattica. Per il momento si è raggomitolato, dorme. Wislawa Szymborska, da “Ogni caso”, 1972
Solitudine, se vivere devo con te, Sia almeno lontano dal mucchio confuso Delle case buie; con me vieni in alto, Dove la natura si svela, e la valle, Il fiorito pendio, la piena cristallina Del fiume appaiono in miniatura; Veglia con me, dove i rami fanno dimore, E il cervo veloce, balzando, fuga Dal calice del fiore l'ape selvaggia. Qui sarei felice anche con te. Ma la dolce Conversazione d'una mente innocente, quando le parole Sono immagini di pensieri squisiti, è il piacere Dell'animo mio. E' quasi come un dio l'uomo Quando con uno spirito affine abita in te. John Keats
Il bacio appena sognato
in una notte di tradimenti,
dove tutti consumano amplessi
che non hanno profumo,
il tuo bacio febbricitante,
il candore delle tue labbra,
somiglia alla mia porta
che non riesco ad aprire.
Il bacio è come una vela,
fa fuggire lontano gli amanti,
un amore che non ti gela
che ti dà mille duemila istanti.
Ho cercato di ricordare
che potevi tornare indietro,
ma ahimè il tuo bacio
è diventato simile a un vetro.
Io come un animale
mi rifugio nel bosco
per non lasciare ovunque
il mio candido pelo.
Il pelo della mia anima
è così bianco e così delicato
che persino un coniglio ne trema.
Tu mi domandi quanti amanti ho avuto
e come mi hanno scoperto.
Io ti dico che ognuno scopre la luce
e ognuno sente la sua paura,
ma la mia parte più pura è stata il bacio.
Io tornerei sui monti d’Abruzzo,
dove non sono mai stata.
Ma se mi domandano
dove traggono origine i miei versi,
io rispondo:
mi basta un’immersione nell’anima
e vedo l’universo.
Tutti mi guardano con occhi spietati,
non conoscono i nomi delle mie scritte sui muri
e non sanno che sono firme degli angeli
per celebrare le lacrime che ho versato per te.
Quelle come me regalano sogni, anche a costo di rimanerne prive… Quelle come me donano l’Anima, perché un’anima da sola è come una goccia d’acqua nel deserto… Quelle come me tendono la mano ed aiutano a rialzarsi, pur correndo il rischio di cadere a loro volta… Quelle come me guardano avanti, anche se il cuore rimane sempre qualche passo indietro… Quelle come me cercano un senso all’esistere e, quando lo trovano, tentano d’insegnarlo a chi sta solo sopravvivendo… Quelle come me quando amano, amano per sempre… e quando smettono d’amare è solo perché piccoli frammenti di essere giacciono inermi nelle mani della vita… Alda Merini
(A Madode Andrade) Per quanto ti celebri, non mi ascolti, sebbene per forma e madreperla tu sia simile alla conchiglia sonante, al musicale orecchio che registra il mare nelle intime volute. Ti depongo in cristallo, davanti a specchi, senza eco di caverne o di grotte… Assenza e cecità assolute offri alle vespe e alle api. E a chi ti adora, o sorda e silenziosa, e cieca e bella e infinita rosa, che in tempo e aroma e verso ti trasmuti! Senza terra né stelle brilli, prigioniera del mio sogno, insensibile alla bellezza che sei e non conosci, perché non mi ascolti… Cecília Meireles
Sono abitatrice delle sabbie, di alte spume: le navi passano per le mie finestre come il sangue nelle mie vene, come i piccoli pesci nei fiumi... Non hanno vele e hanno vele; e il mare ha e non ha sirene; e io navigo e sto ferma, vedo mondi e sono cieca, perché questo è un male di famiglia, essere di sabbia, di acqua, di isola... E persino senza barca naviga chi al mare è stata destinata. Dio ti protegga, Cecilia, che tutto è mare e niente più. Cecilia Meireles
E noi? Non ci saranno elegie, né sonetti sulla separazione,
non ci dividerà lo schermo dei versi,
non si porrà fra noi una metafora riuscita,
l’unica separazione che ora ci minaccia è il sonno,
il profondo antro del sonno la cui soglia varchiamo separati,
- e devo sempre ricordare che la tua mano,
stretta nella mia, è fatta di sogni.
All’inizio vagabondai per la vita
a causa di un amore infelice:
mantenni però in me un minuto foglio di quarzo
e fu grazie ad esso che puntai gli occhi sull’esistenza.
Acquistai gentilezza
pur recandomi spesso al mercato del desiderio
non mancando di bere l’acqua scura dell’invidia,
quell’astio che tanto spesso trasforma noi uomini
in maschere di paura.
Mi sommersi nella melma marina
dove quel fiore, il giglio, di colpo
parve fagocitarmi nel breve volgere di un’onda.
Lì appoggiai il mio piede
mentre il mio spirito slittava pericolosamente
verso il morso dell’abisso.
E’ così che nacquero i miei primi versi
è così che li riscattai dalle erbe velenose,
che li brandii contro la solitudine
quasi fossero una colpa da espiare
o tutto ciò che mi restava da opporre
al fiore dell’immoralità.
In questo modo, solitario come l’acqua scura
che emerge da abissi profondi,
passai di mano in mano
nella solitudine di ogni mio simile,
vincendo l’odio e l’invidia di ogni giorno.
Imparai che così vivevano altri uomini,
coperti a metà dal mio stesso fango,
come creature del più strano dei mari,
quello che dal pantano della vita
ci conduce alla morte.
La morte che ci spalancherà strade e portoni.
La morte che – con noi – scivolerà sui muri.
Il nostro breve cammino su questa terra serve a prepararci ad un’altra vita più bella e più lunga.
La madre, come diceva Seneca, ci tiene sul suo grembo per
nove mesi preparandoci al momento in cui vedremo la luce, capaci di
respirare e di resistere all’aria libera.
Da quel momento incomincia il cammino che va dall’infanzia
alla vecchiaia e che ci rende maturi per un altro parto, più importante:
una nascita senza fine.
Sin dalla prima nascita vive con noi un compagno invisibile
che spesso rimane nascosto, incapace di uscire dalla giungla delle
sensazioni fisiche, e affiora soltanto quando siamo noi a liberarlo, a
portarlo alla luce.
Quando riusciamo a far questo, ci rendiamo conto che non possiamo mai
morire del tutto e che nessuno scomparirà nel nulla. Non riusciamo a
vedere quelli che se ne sono già andati perché non siamo capaci di
concentrarci abbastanza per scorgerli nelle nuove forme adatte al mondo
astrale dove sono andati.
La nostra mente e i nostri occhi ci inducono a pensare che
la vita abbia un confine e che al di là di quella linea nulla sia
possibile: invece non è così. Nel silenzio della nostra anima dobbiamo
cercare di aprire l’occhio misterioso che ci da la possibilità di vedere
il mondo invisibile che ci circonda.
Nel corso della vita pensiamo alla morte come ad un
avvenimento che dovrà accadere in un futuro lontano e non ci accorgiamo
invece che la vita in parte è già passata, è ormai alle nostre spalle.
Il tempo è l’unico bene che l’uomo non puo’ accumulare ed è costretto a
spenderlo fino all’ultimo spicciolo.
Per questo occorre far tesoro di tutto il tempo che abbiamo a
disposizione, così sarete padrone dell’oggi e meno schiavo del domani.
Cercate di trovare una casa per il vostro compagno
invisibile quando il treno bianco dell’eternità passerà a prendervi.
Solo così potrete continuare a vivere nella persona che avete scelto e
che vi è cara; non solo, ma dalla vostra vita potrà nascere una nuova
vita.
Stella fredda della tua mano. Tenue cristallo, esiguo fiore. Ahi! Nevica amore. Luna deserta del tuo sguardo Puro, glaciale fuoco senza colore! Ahi! Nevica amore. Immenso inverno del cuore. Gelo che non finisce di scivolare... Mi misi a cantare nella solitudine: il Tuo freddo viene dal cielo, da me, da te, da chi? Non c''è più sole, estate, calore? Ahi! Nevica amore. Cecilia Meireles
La solitudine è come la pioggia. Si alza dal mare verso sera; dalle pianure lontane, distanti, sale verso il cielo a cui da sempre appartiene. E proprio dal cielo ricade sulla città. Piove quaggiù nelle ore crepuscolari, allorché tutti i vicoli si volgono verso il mattino e i corpi, che nulla hanno trovato, delusi e affranti si lasciano l’un l’altro; e persone che si odiano a vicenda sono costrette a dormire insieme in un letto unico: è allora che la solitudine scorre insieme ai fiumi RAINER MARIA RILKE
Lo senti amore ?... Le mani sollevo ed è nell'aria (lo senti?) un fruscìo. Entro la solitudine, perviene come un suono ogni gesto alle cose che origliano mute. Lo senti, amore?... Le palpebre inclino e ti raggiunge un novello fruscìo. Lo senti, amore?... Ridesto, le schiudo... Dimmi, perché non ti veggo, amor mio? D'ogni più lieve mio gesto, rimane come un'impronta tenace, che appare nel serico silenzio. Ogni più labile moto s'incide entro il velario disteso dell'etere, imperituro. Co'l mio respiro, in un ritmo, le stelle, via per il cielo salendo scendendo, muovono in danza. Alle mie labbra l'olezzo dei fiori giunge qual filtro che immemore bevo, e riconosco tralucer, per l'ombra, d'angeli ignoti un lontano accennare. Questo, e non altro, sognando ripenso ... Più non mi avveggo, Diletta, di te. Rainer Maria Rilke
Perché
aveva rifiutato la vita? Perché l’aveva condannata a morire? Sentiva
tutta la sua natura morale andare in frantumi. Nell’ombra del muro del
parco scorse delle figure sdraiate. Quegli amori venali e furtivi lo
riempivano di disperazione. Imprecò alla rettitudine della propria
esistenza: sentiva di essere stato escluso dal banchetto della vita. Una
sola creatura umana gli aveva dimostrato amore ed egli le aveva negato
vita e felicità. La notte taceva. Sentì che era solo. James Joyce, Un increscioso incidente (Dubliners)
“Amore mio”. Meu amor. Ripetere queste due parole per dieci pagine, scriverle ininterrottamente, senza sosta, senza spazi bianchi, prima lentamente, lettera dopo lettera, disegnando le tre colline della M manoscritta, l’anello tenue della E simile a braccia che riposano, il letto profondo di
un fiume che si scava nella U, e poi lo sgomento o il grido della A
sulle onde del mare, eccole, dell’altra M, e la O che non può essere se
non quest’unico nostro sole, e infine la R divenuta casa, o tetto, o baldacchino. E subito dopo trasformare questo lento disegno in un unico filo tremolante, la traccia di un sismografo, perché le membra rabbrividiscono e si turbano, il mare bianco della pagina, una distesa di luce o un lenzuolo levigato. “Meu amor, “amore mio”hai detto, e l’ho detto anch’io, spalancandoti la mia porta, e tu sei entrata. Tenevi gli occhi bene aperti venendomi incontro, per vedermi meglio o più di me, e hai posato la borsa per terra. E, prima che ti baciassi, per poterlo dire serenamente, hai detto: “Stanotte rimango con te”.
liscia carne carne di occhi carne di foglie vive carte di mani fragili carne di carta carne di segno carne di sogno che dico (non dico) quasi uscisse l'anima dal dito Vera Lúcia de Oliveira
Il suo corpo leggero è la fine del mondo? è un errore è una delizia che scivola tra le mie labbra vicino al ghiaccio ma l’altro pensava: è solo una colomba che respira comunque sia là dove sono accade qualcosa in una posizione delimitata nel temporale * vicino al ghiaccio è un errore là dove sono è solo una colomba ma l’altro pensava: accade qualcosa in una posizione delimitata che scivola tra le mie labbra è la fine del mondo? è una delizia comunque sia il suo corpo leggero che respira nel temporale * In una posizione delimitata vicino al ghiaccio che respira il suo corpo leggero che scivola tra le mie labbra è la fine del mondo?
ma l’altro pensava: è una delizia comunque sia accade qualcosa è solo una colomba nel temporale là dove sono è un errore * È la fine del mondo che respira il suo corpo leggero? ma l’altro pensava: là dove sono vicino al ghiaccio è una delizia in una posizione delimitata comunque sia è un errore accade qualcosa nel temporale è solo una colomba che scivola tra le mie labbra * È solo una colomba in una posizione delimitata là dove sono nel temporale ma l’altro pensava: è la fine del mondo che respira vicino al ghiaccio? comunque sia è una delizia accade qualcosa è un errore che scivola tra le mie labbra il suo corpo leggero.
Io tu flora tu io fauna Io tu pelle io tu porta e finestra tu io osso tu io oceano tu io audacia tu io meteorite Io tu chiave d’oro io tu straordinario tu io parossismo Tu io parossismo e paradosso io tu clavicembalo tu io silenziosamente tu io specchio io tu orologio Tu io miraggio tu io oasi tu io uccello tu io insetto tu io cateratta Io tu luna tu io nuvola tu io alta marea Io tu trasparente tu io penombra tu io limpido tu io castello vuoto e labirinto Tu io parallasse e parabola tu io in piedi e disteso tu io obliquo Io tu equinozio io tu poeta tu io danza io tu particolare tu io perpendicolare e soppalco Tu io visibile tu io silhouette tu io infinitamente tu io indivisibile tu io ironia Io tu fragile io tu ardente io tu foneticamente tu io geroglifico Io tu spazio tu io cascata io tu cascata a mia volta ma tu tu io fluido tu io stella filante tu io vulcanico noi noi polverizzabile Noi noi scandalosamente giorno e notte noi noi oggi stesso tu io tangente io tu concentrica Tu io solubile tu io insolubile tu che mi asfissi e io liberatrice tu io pulsante Tu io vertigine tu io estasi tu io appassionatamente tu io assoluto io tu assente tu io assurdo (prendere corpo) Io tu narice io tu capigliatura io tu anca tu mi ossessioni io tu petto io busto tu petto poi tu volto io tu corsetto tu io odore tu io vertigine tu scivoli io tu coscia io ti accarezzo io tu fremito tu mi scavalchi tu io insopportabile io tu amazzone io tu gola io tu ventre io tu gonna io tu giarrettiera io tu calze io tu Bach sì io tu Bach per clavicembalo seno e flauto io tu tremante mi seduci mi assorbi ti contendo ti rischio ti scalo mi sfiori ti navigo ma tu mi agiti mi sfiori mi racchiudi tu io carne cuoio pelle e morso tu io slip nero tu io ballerine rosse e quando tu niente tacchi alti sui miei sensi tu i coccodrilli tu le foche tu le affascini mi copri ti scopro t’invento talvolta ti abbandoni tu io labbra umide ti libero ti deliro mi deliri e mi seduci io tu spalla io tu vertebra io tu caviglia io tu ciglia e pupille e se io scapola non prima dei polmoni anche lontana tu io ascelle ti respiro giorno e notte ti respiro io tu bocca io tu palato io tu denti io tu unghie io tu vulva io tu palpebre io tu fiato io tu inguine io tu sangue io tu collo io tu polpacci io tu certezza io tu guance e vene io tu mani io tu sudore io tu lingua io tu nuca io ti navigo io tu ombra io tu corpo e fantasma io tu retina nel mio soffio tu tu iride io ti scrivo tu mi pensi Ghérasim Luca (1913 – 1994)
Prestami le tue cervella cedimi il tuo cervello la cediglia della tua certezza questa ciliegia cedimi questa ciliegia o un’altra all’incirca accerchiami nelle tue occhiaie precipitati nel centro del mio essere diventa il cerchio di questo centro il triangolo di questo cerchio la quadratura delle mie unghie diventa questo o quello o quasi un altro ma seguimi precedimi seduzione tra la notte del tuo nudo e il giorno delle tue guance tra la vita del tuo viso e la provocazione dei tuoi piedi tra il tempo delle tue tempie e lo spazio del tuo spirito tra la fronda della tua fronte e le pietre delle tue palpebre tra il basso delle tue braccia e l’osanna delle tue ossa tra il do del tuo dorso e il la della tua lingua tra i raggi della tua retina e il riso della tua iride tra il tè della tua testa e i vetri delle tue vertebre tra il vento del tuo ventre e le nuvole del tuo nudo tra il nudo della tua nuca e la vista della tua vulva tra la scia delle tue ciglia e la foresta delle tue dita tra la punta delle tue dita e la punta della tua bocca tra il peduncolo dei tuoi peli e la pece del tuo petto tra il punto dei tuoi pugni e la linea dei tuoi legamenti tra gli spazi delle tue spalle e il sud–est del tuo sudore tra la gola dei tuoi gomiti e il cucù del tuo collo tra il naso dei tuoi nervi e la naiade delle tue natiche tra l’aria delle tua carne e la lama della tua anima tra la pioggia della tua pelle e l’orcio delle tue ossa tra la terra delle tue arterie e il fuoco del tuo fiato tra il segno dei tuoi seni e i seni delle tue mani tra le città della tua caviglia e la navicella delle tue ascelle tra la sorgente delle tue sopracciglia e il progetto del tuo petto tra il muschio dei tuoi muscoli e il nardo delle tue narici tra la musa dei tuoi muscoli e la medusa del tuo medio tra il mantello del tuo mento e la tulle della tua rotula tra lo stagno del tuo tallone e il tono del tuo mento tra lo sguardo della tua statura e le strette del tuo sangue tra la polpa della tua pupilla e l’orto delle tue occhiaie tra le pieghe dei tuoi piedi e il cervelletto del tuo cervello tra il letto dei tuoi lobi e la custodia del tuo capo tra il levriere delle tue labbra e il peso dei tuoi polsi tra le frontiere della tua fronte e il visto del tuo viso tra il polso dei tuoi polmoni e il polso del tuo pollice tra la polpa dei tuoi polpacci e il piatto del tuo palmo tra i pomi dei tuoi pomelli e il piano delle tue scapole tra le piante delle tue piante e il palazzo del tuo palato tra le ruote delle tue gote e i lombi delle tue gambe tra il me della tua voce e la seta delle tue dita tra l’ ardore delle tue anche e l’alone del tuo alito tra l’inimicizia del tuo inguine e le cavità delle tue vene tra le cosce delle tue carezze e l’odore del tuo cuore tra il genio delle tue ginocchia e il nome del numero dell’ombelico della tua ombra