…Dicono che c'è un tempo per seminare e uno più lungo per aspettare… io dico che c'era un tempo sognato che bisognava sognare.

...solo un sogno, un'emozione...una nuvola...solo un alito di vento che ti sfiora, solo l'eco dei tuoi passi nella sera...
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sabato 20 novembre 2021

Tu passi là dove il sole tramonta

Tu passi là dove il sole tramonta,
   Tu vedrai la luce della sera.
   Tu passi là dove il sole tramonta,
   E la tormenta spazza via l’orma.
  
   Accanto alle mie finestre — impassibile —
   Tu passerai nella quiete della neve,
   Di Dio uomo giusto mio splendido,
   Dolce luce della mia anima!

      All’anima tua — io non guardo vogliosa!
   Inviolabile è il tuo cammino.
   Nella mano, pallida di baci,
   Non infiggerò il mio chiodo.
    
   E per nome non ti chiamerò,
   E le mani non tenderò.
   Al volto santo, di cera
   Solo da lontano m’inchinerò.
    
   E, sotto la neve lenta stando,
   Mi piegherò in ginocchio nella neve
   E nel nome tuo santo
   Bacerò la neve della sera —
    
   Là, dove con incedere maestoso
   Tu sei passato nella quiete della neve,
   Dolce luce — di santa gloria —
   Sommo reggitore dell’anima mia.
    
 Marina Cvetaeva - 2 maggio 1916

giovedì 18 novembre 2021

Tu cercati amiche semplici

 Tu cercati amiche semplici
 che non correggano i miracoli con i numeri.
 Io so che Venere è stata fatta a mano,
 sono un’artigiana, con l’arte innata.
 Dal più alto e solenne silenzio,
 all’anima stravolta e calpestata,
 ecco l’intera sequenza divina:
 da: Respira! a: Non respirare.

Marina Cvetaeva

giovedì 22 marzo 2018

Tu mi sei affine tutto

Tu mi sei affine tutto, da parte a parte, terribilmente e angosciosamente affine, come io a me stessa – senza asilo, come le montagne. (Non è una dichiarazione d’amore: di destino)
Marina Ivanovna Cvetaeva a Boris Pasternak

sabato 26 novembre 2016

Un mondiale nomadismo è cominciato nel buio

Un mondiale nomadismo è cominciato nel buio: 
sono gli alberi che vagano sulla terra notturna.
Sono i grappoli che fermentano in vino dorato, 
sono le stelle che di casa in casa peregrinano,
sono i fiumi che il cammino cominciano a ritroso!
E io ho voglia di venire da te sul petto – a dormire.
 Marina Cvetaeva - 14 gennaio 1917

domenica 24 aprile 2016

Se un’anima è nata con le ali

Se un’anima è nata con le ali,
   cos’è per lei il palazzo e cos’è la capanna!
   Cos’è Gengis Khan per lei – e cos’è – l’Orda!
   Due nemici ho io a questo mondo,
   due gemelli – indissolubilmente fusi:
   la fame degli affamati – e la sazietà dei sazi.
       Marina Cvetaeva,  18 agosto 1918

Ai miei versi scritti così presto

Ai miei versi scritti così presto,
   che nemmeno sapevo d’esser poeta,
   scaturiti come zampilli di fontana,
   come scintille dai razzi.
    Irrompenti come piccoli demoni
   nel sacrario dove stanno sogno e incenso,
   ai miei versi di giovinezza e di morte,
   versi che nessuno ha mai letto!
       Sparsi fra la polvere dei magazzini,
   dove nessuno mai li prese né li prenderà,
   per i miei versi, come per i pregiati vini,
   verrà pure il loro turno.
       Marina Cvetaeva,   Koktebel, maggio 1913

venerdì 27 marzo 2015

Sono gli alberi che vagano



Un mondiale nomadismo è cominciato nel buio:
sono gli alberi che vagano sulla terra notturna.
Sono i grappoli che fermentano in vino dorato,
sono le stelle che di casa in casa peregrinano,
sono i fiumi che il cammino cominciano a ritroso.

E io ho voglia di venire da te sul petto – a dormire.

Marina Cvetaeva

venerdì 17 ottobre 2014

Separarsi

L’ultra-assurda parola:
separarsi - Una delle cento?
Semplicemente una parola di quattro sillabe,
dietro le quali c’è - il vuoto.
Marina Cvetaeva, Poema della fine

giovedì 5 dicembre 2013

Incantesimo

Ti ho versato nel bicchiere
una manciata di capelli bruciati,
perché tu non mangi, non canti,
non beva, non dorma.
Perché la giovinezza non ti sia gioia,
perché lo zucchero non ti sia dolce.
Perché tu non te la intenda nel buio della notte
con la giovane moglie.
Come i capelli tuoi d'oro
sono divenuti cenere grigia,
così gli anni miei giovani
diventeranno bianco inverno.
Perché tu diventi cieco-sordo,
perché ti dissecchi come il muschio,
perché ti dilegui come un sospiro.
 
Marina Cvetaeva

mercoledì 13 novembre 2013

Il balcone

Giù – per lo strapiombo – in  
polvere! Pece. In – pace.  
Condire sempre con lacrime di sale  
avanzi di amore umano?
Balcone. Tra scrosci salati

catrame amaro di baci.  
Sospiro sfrenato dell’odio:  
in un verso – riprendere fiato!
E questo, gualcito nella mano,
 
cos’è: cuore o straccio  
di tela? C’è un nome: Giordano  
per questi fradici impacchi.
Sì, perché la lotta con l’amore
 
è selvaggia, spietata. Salto –  
dalla fronte di granito: fiato  
tirato – nella morte!
Marina Ivanovna Cvetaeva
 30 giugno 1922

venerdì 24 maggio 2013

Oggi la neve s’è disciolta

Oggi la neve s’è disciolta, oggi
Sono rimasta a lungo alla finestra.
L’occhio è tornato alla realtà; più libero,
Rasserenato, nuovamente è il petto.
Il perché non lo so. Può darsi che
L’anima sia semplicemente stanca,
E in qualche modo non ho avuto voglia
Di metter mano a un lapis irrequieto.
Così sono rimasta — nella nebbia —
Lontana sia dal bene che dal male,
Tamburellando calma con le dita
Sul vetro, che ne tintinnava appena.
Non fa nessuna differenza, l’anima,
Su ciò che incontra per la prima volta:
Sia una pozzanghera di madreperla,
Dove s’è arrovesciato il firmamento,
O un uccello che sfreccia su nell’aria,
O un cane che, semplicemente, corre:
Perfino il canto d’una mendicante
Non m’ha portato mai fino alle lacrime.
L’arte gentile del dimenticare
L’anima mia l’aveva già imparata.
Oggi non so che immensa sensazione
Mi si è sciolta nell’anima.

Marina I. Cvetaeva

(da L'amica)

domenica 3 febbraio 2013

In modo inimitabile la vita sa mentire



In modo inimitabile la vita sa mentire:
al di là di attese e smentite…
Ma dal tremito di tutte le vene
lo puoi capire: è viva!
Come stesi sull’erba: azzurro, afa…
(irretiti? che importa?) – cielo, suono…
Ronzio di cento pungiglioni…
Rallégrati! Sei stato tu a chiamare!
Non biasimarmi, amore, se in noi corpi
l’anima è stregabile a tal punto
che la fronte, ecco, inclina al sogno.
Sei stato tu a cantare!
Nel bianco libro dei tuoi silenzi,
nell’argilla selvaggia dei tuoi  «sì»,
quieta reclino l’aggetto della fronte:
giacché il palmo della mano è vita.
Marina Cvetaeva

sabato 12 gennaio 2013

Passione

Non è inganno la passione, e non è invenzione!
E non mente – soltanto non indugiare!
Oh, se fossimo venuti a questo mondo
come plebagia dell’amore!
Oh, se tutto fosse semplice e alla buona:
Semplicemente – un colle, un poggio …
Si dice – con la vertigine dell’abisso
misurano il livello delle montagne.
Fra mucchi di erica bruna,
fra isole di pazienti conifere …
( La quota del delirio è sopra il livello
della vita.)
-Prendimi! Tuo …
Ma della famiglia le grazie tranquille,
ma dei pulcini il pigolio – ahi!
Tutto perchè a questo mondo siamo venuti noi-
irriverenti verso l’amore!
- Marina Cvetaeva, Poema della montagna

giovedì 6 dicembre 2012

Nel buio

Un mondiale nomadismo è cominciato nel buio:
sono gli alberi che vagano sulla terra notturna.
Sono i grappoli che fermentano in vino dorato,
sono le stelle che di casa in casa peregrinano,
sono i fiumi che il cammino cominciano a ritroso!
E io ho voglia di venire da te sul petto – a dormire.
Marina Ivanovna Cvetaeva

sabato 27 ottobre 2012

Voi liberate in me il mio essere femminile

LETTERA SECONDA

19 giugno, di notte
Voi liberate in me il mio essere femminile, il mio essere più oscuro e recondito. Non per questo vedo peggio. Tutta la mia chiaroveggenza intatta con, in più, il beato diritto alla cecità.
Mio tenero (che mi fa...), con tutto il mio essere indivisibilmente doppio, doppiamente e indissolubilmente uno, con tutto il mio essere di spada a doppio taglio (dotata di una rassicurante virtù: ferire me soltanto) io voglio in voi, in-voi, come nella notte. "Strofe e sogni" — più semplicemente: leggere e dormire. (Le parole che voi lasciate cadere, io le conservo tutte.) Quanti hanno visto in me soltanto delle strofe!
Tutto con l'anima, amico, e tutto — indietro, nell'anima. (Un getto d'acqua che si autoalimenta. Le fontane del Re Sole.) La pelle come tale non esiste. Voi, voi lo sapete, con il vostro fiuto animale, fiuto geniale. Pelliccia, manto — non solo delle bestie, ma anche delle piante: pino, abete, il mio amatissimo ginepro...
E se debbo dirvi in colori, voi siete bruno. Come i vostri occhi.
Caro, non ho mai scritto a nessuno lettere simili (da quando tengo in mano la penna, — no, da quando la penna mi tiene, — no, dal tempo lontano delle mie piume d'angelo — sempre, a tutti. E tuttavia — credetemi).
Uomo, io so tutto, vi so superficiale, leggero, vuoto, ma la vostra animalità profonda mi tocca più in profondità di altre anime. Sapete così bene aver freddo, aver caldo, aver fame, aver sonno. Senza il vostro vuoto c'è il vuoto che possiamo immaginare soltanto pieno di astri o di atomi, e cioè popolato di mondi viventi. Siate vuoto finché lo vorrete, finché lo potrete — io sono la vita che non patisce il vuoto.
Bambino mio (permettetemi di chiamarvi così...), mio piccolo ragazzo! Se a volte non vi rispondo direttamente, è che ci sono parole che non devono essere pronunciate tra certi muri, che nemmeno l'aria, tra certe pareti, può tollerare. I muri, invece, sopportano tutto e non soffrono di nulla, ed è l'unica cosa che io non posso soffrire, e sono loro che più mi fanno soffrire. Giacché, sappiatelo: quella che voi ritenete creatura di parole per eccellenza, nelle grandi ore della sua vita è una spartana con il suo volpacchiotto. (Lasciatemi scherzare un po': con tutta una cucciolata di volpacchiotti!)
Siete iperamato (iperalimentato d'amore) nella vita? Probabilmente sì. Ma quello che so (doveste anche sentirlo per la millesima volta!) è che mai nessuno (nessuna!) vi ha così... Ogni millesima volta ha la sua milleunesima. Così, per me, non è una misura di peso, né di quantità, né di durata, è un valore di qualità: di identità. Io non vi amo né tanto, né a tal punto, né fino a... — io vi amo così. (Non vi amo tanto, vi amo come.) Oh, molte donne vi hanno amato e vi ameranno con maggior forza. Tutte — di più. Nessuna — così. Se il mio amore resta unico nelle vite, è solo per la sua doppia identità: con l'amato e con me stessa. Per questo non viene mai preso per amore.
"Amatemi grande, amatemi bello, amatemi diverso!" Per quanto mi riguarda, ho sempre voluto e addirittura preteso di essere amata come sono — per ciò che sono — perché sono. Non per ciò che, secondo voi, potrei, dovrei, avrei dovuto essere. Che si ami me e non l'essere ideale e falso partorito dalla fantasia di un poeta di terz'ordine e dell'ultima ora che può essere così folle d'amore solo se non è poeta nato, pensatore nato. Ho sempre preferito essere fotografata, riflessa, ripetuta, maltrattata da quell'indifferente che è l'obiettivo, piuttosto che ritratta — cioè ben trattata, idealizzata, animata, da un pittore di cui non sono neanche sicura che abbia un'anima, e che spesso è solo una mano mossa da una sola — sempre la stessa — mania.
Non trattatemi peggio di quanto la natura abbia fatto — e di quanto lo specchio non faccia — è tutto quello che, in piena umiltà, io chiedo al pittore e all'amante. "Ogni volto non è che un punto di partenza." Giusto, ma avete un'idea della mia (della sua) direzione? Di quello che sarebbe realmente stato di me, di dove sarei realmente arrivata, se... Riuscite a seguirmi — voi che mi volete superare per indicarmi la direzione giusta? Un grande maestro può creare l'ideale: ciò che doveva essere, la realtà in potenza. Alta realtà. Gli altri, i petits-maîtres dell'arte e dell'amore, possono fare (dipingere, amare) soltanto dal vero. E voi — voi fate me, se potete.
Ho sempre preferito essere conosciuta e odiata piuttosto che inventata e amata. Fissatemi con tutta la forza del vostro sguardo, oppure andate a 'creare' una donna qualunque, la vicina di casa, che potrà esservi solo riconoscente e si riconoscerà in ognuno dei vostri 'ritratti' perché lei — lei non si conosce, per il semplice motivo che in lei non c'è nulla da conoscere. È il nulla che si presta a tutte le forme. Quanto a me, sono già creata, ed è stato Dio a crearmi. È sufficiente un'unica creazione. È sufficiente quel Creatore.
Io mi identificherei unicamente nell'amore di chi mi avesse scelta fra tutte le creature passate, presenti, future, maschili, femminili — creature dell'acqua, del fuoco, dell'aria, della terra, del cielo. E fra tutte le altre ancora, giacché esistono altri pianeti!
Così sono io. Se vi do pena — perdonatemi di essere. 
Marina Cvetaeva - Le notti fiorentine 
(Le epistole sono dedicate ad Abram Vishnjak, fondatore della casa editrice Gelikon, che negli anni ‘20 aveva pubblicato alcuni versi di Marina Cvetaeva)

martedì 18 settembre 2012

Cammini a me somigliante

Cammini, a me somigliante,
gli occhi puntando in basso.
Io li ho abbassati anche!
Passante, fermati!
Leggi - di ranuncoli
e di papaveri colto un mazzetto
- che io mi chiamavo Marina
e quanti anni avevo.
Non credere che qui sia una tomba,
che io ti apparirò minacciando...
A me stessa troppo piaceva
ridere quando non si può!
E il sangue fluiva alla pelle,
e i miei riccioli s'arrotolavano...
Anch'io esistevo, passante!
Passante, fermati!
Strappa uno stelo selvatico per te
e una bacca - subito dopo.
Niente è più grosso e più dolce
d'una fragola di cimitero.
Solo non stare così tetro,
la testa chinata sul petto.
Con leggerezza pensami,
con leggerezza dimenticami.
Come t'investe il raggio di sole!
Sei tutto in un polverio dorato...
E che almeno però non ti turbi
la mia voce di sottoterra.
Marina Ivanovna Cvetaeva

mercoledì 15 agosto 2012

Versi per l'orfano

E finalmente ho trovato
chi mi è necessario:
qualcuno ha bisogno di me
— come aria.
Quanto più nero e mortale –
Più necessario è il bisogno
dell’altro — di te. Di chi
non può fare a meno
di me — suo pane e respiro.
Occorro — a qualcuno:
accorro, rispondo
al prima richiamo.
Più alto, più certo e sicuro
delle montagne: a qualcuno
serve una mano: la mia!
sulle piaghe!
E tutto il braccio — nel fuoco!
Più della luce degli occhi
mi serve l’umano bisogno
di me — come fiato.
Marina Cvetaeva

mercoledì 1 agosto 2012

Tu mi copri il sole in alto nei cieli

Tu mi copri il sole in alto nei cieli,
Tutte le stelle nel cavo della tua mano!
Ah, se fossero - spalancate le porte!
- Come vento in te entrerei! -
E balbettare, e avvampare d'ira,
E bruscamente chinare lo sguardo,
E, singhiozzando, acquietarsi,
Come nell'infanzia, quando perdonano.
Marina I. Cvetaeva

venerdì 13 luglio 2012

Ghirlanda di Rose

Affilate e brucianti come una lusinga
Sotto il cielo di Roma, su una notturna terrazza,
Mortali come la coppa nella ghirlanda di rose,
Ci sono due parole, d'una uguale magia.
E si levano, come a comando, i morti,
E Dio si tace - e la ventosa novella
Del pagano ─ la pagana vendetta:
La non letta da me Ars Amandi.
A me abbagliano gli occhi sia l'azzurro
Dei cieli sia quello degli occhi amati.
Non te la prender, poeta, se non ho
tempo da perder sul latino!
Ti leggono le amanti forse, Ovidio?!
─ T'hanno letto le tue? ─ Tu non respingere
Dunque un'erede delle tue eroine! 
Marina Cvetaeva

Ars Amandi

Nel fatale volume, per la donna
Non c'e tentazione alcuna.
 - Ars Amandi, per la donna
E' il mondo intero.
Il cuore e il filtro piu affidabile
D'ogni filtro d'amore.
La donna dalla culla
E' peccato mortale, per chiunque.
Ah, lontano, fino in cielo!
Labbra - vicine nel buio...
E tu, Dio, non giudicare! Donna
Non sei stato sulla terra!
Marina Cvetaeva