…Dicono che c'è un tempo per seminare e uno più lungo per aspettare… io dico che c'era un tempo sognato che bisognava sognare.

...solo un sogno, un'emozione...una nuvola...solo un alito di vento che ti sfiora, solo l'eco dei tuoi passi nella sera...

martedì 26 giugno 2012

Un attimo

Desidero solo silenzio e quiete,
non parlarmi di cose del passato e del futuro
non parlarmi di ieri e non andare
all’indomani.
Questo attimo, per me,
non ha nè prima nè dopo
non ha più senso
ieri è scomparso quali echi e ombre
e l’ignoto domani si dilaga lontano
e non si vede più
sarà forse diverso di quanto han disegnato
le mani dai sogni tuoi e miei,
diverso di quanto desideriamo?
Questo attimo, e non altri tempi,
è un fiore che si apre nelle nostre mani:
senza frutti senza radici
ma è solo un fiore di spontanea bellezza,
teniamolo bene prima che si strappi,
amore mio!
Fadwa Toqan

E’ la piu’ celebre poetessa palestinese. Nata a Nablus, in Palestina, nel 1917, sorella del celebre poeta Ibrahim Toqan, scomparso a Gerusalemme nel 1941, nel 1936 pubblico’ le sue prime poesie su riviste e quotidiani del suo paese e dell’ Egitto. Fino al 1967, la poesia di Fadwa, dallo stile ricco e soave, esprime per lo piu’ desideri e sentimenti femminili. Dopo la guerra del 1967, che violenta e umilia la terra di Palestina, Fadwa si fa, con una poesia della resistenza forte e incisiva dall’ispirazione vigorosa, interprete del dramma della sua patria e del suo popolo

Ferie...

Parto per qualche giorno, vado a fare un giro tra Paesi Baschi e Cantabria: Vitoria, San Sebastian, Bilbao e Santander. 
Spero di riposarmi perchè ne ho veramente bisogno. 
Buona permanenza a chi resta e buone ferie a chi va...
Un'ultima poesia per voi...e a presto!

Linda

lunedì 25 giugno 2012

E' una vita che aspetto

Con te sarò nuovo. Ti dico queste parole nel periodo migliore della mia vita, nel periodo in cui sto bene, in cui ho capito tante cose. Nel periodo in cui mi sono finalmente ricongiunto con la mia gioia. In questo periodo la mia vita è piena, ho tante cose intorno a me che mi piacciono, che mi affascinano. Sto molto bene da solo, e la mia vita senza di te è meravigliosa. Lo so che detto così suona male, ma non fraintendermi, intendo dire che ti chiedo di stare con me non perché senza di te io sia infelice: sarei egoista, bisognoso e interessato alla mia sola felicità, e così tu saresti la mia salvezza. Io ti chiedo di stare con me perché la mia vita in questo momento è veramente meravigliosa, ma con te lo sarebbe ancora di più. Se senza di te vivessi una vita squallida, vuota, misera non avrebbe alcun valore rinunciarci per te. Che valore avresti se tu fossi l'alternativa al nulla, al vuoto, alla tristezza? Più una persona sta bene da sola, e più acquista valore la persona con cui decide di stare. Spero tu possa capire quello che cerco di dirti. Io sto bene da solo ma quando ti ho incontrato è come se in ogni parola che dico nella mia vita ci fosse una lettera del tuo nome, perché alla fine di ogni discorso compari sempre tu. Ho imparato ad amarmi. E visto che stando insieme a te ti donerò me stesso, cercherò di rendere il mio regalo più bello possibile ogni giorno. Mi costringerai ad essere attento. Degno dell'amore che provo per te. Da questo momento mi tolgo ogni armatura, ogni protezione... non sono solo innamorato di te, io ti amo. Per questo sono sicuro. Nell'amare ci può essere anche una fase di innamoramento, ma non sempre nell'innamoramento c'è vero amore. Io ti amo. Come non ho mai amato nessuno prima...

Fabio Volo - E' una vita che aspetto

Pezzi di vetro - Francesco De Gregori

L'uomo che cammina sui pezzi di vetro
dicono ha due anime e un sesso di ramo duro in cuore
e una luna e dei fuochi alle spalle mentre balla e balla,
sotto l'angolo retto di una stella.
Niente a che vedere col circo,
nè acrobati nè mangiatori di fuoco,
piuttosto un santo a piedi nudi,
quando vedi che non si taglia, già lo sai.
Ti potresti innamorare di lui,
forse sei già innamorata di lui,
cosa importa se ha vent'anni
e nelle pieghe della mano,
una linea che gira e lui risponde serio
"è mia"; sottindente la vita.
E la fine del discorso la conosci già,
era acqua corrente un pò di tempo fà che ora si è fermata qua.
Non conosce paura l'uomo che salta
e vince sui vetri e spezza bottiglie e ride e sorride,
perchè ferirsi non è impossibile,
morire meno che mai e poi mai.
Insieme visitata è la notte che dicono ha due anime
e un letto e un tetto di capanna utile e dolce
come ombrello teso tra la terra e il cielo.
Lui ti offre la sua ultima carta,
il suo ultimo prezioso tentativo di stupire,
quando dice "È quattro giorni che ti amo,
ti prego, non andare via, non lasciarmi ferito".
E non hai capito ancora come mai,
mi hai lasciato in un minuto tutto quel che hai.
Però stai bene dove stai.

Considero la vita una locanda

Considero la vita una locanda,
dove devo fermarmi fino all'arrivo della diligenza dell'abisso.
Non so dove mi condurrà,
perché non so niente.
Potrei considerare questa locanda una prigione,
perchè in essa sono costretto all'attesa;
potrei considerarla un luogo in cui socializzare,
perchè qui mi ritrovo insieme ad altri.
Non sono,però,né impaziente né spontaneamente naturale.
Lascio a quello che sono,
coloro che si chiudono nella stanza
mollemente sdraiati sul letto dove aspettano insonni;
lascio a quello che fanno,
coloro che conversano nelle sale,
da dove musiche e voci giungono facilmente fino a me.
Mi siedo alla porta e imbevo i miei occhi e orecchi dei colori e dei suoni del paesaggio,
e canto sommessamente,
solo per me,
vaghe canzoni che compongo nell'attesa.
Per tutti noi scenderà la notte e arriverà la diligenza.
Godo della brezza che mi è data e dell'anima
che mi è stata data per goderla,
e non mi pongo altre domande né cerco altro.
Se ciò che lascerò scritto nel libro dei clienti,
riletto un giorno da qualcuno,
potrà intrattenerlo nel transito,
andrà bene.
Se nessuno lo leggerà,
né si intratterrà,
andrà ugualmente bene
Fernando Pessoa

Risposta della creatura fiabesca

Il drago si è congiunto al garofano
per generarti.
In qualche luogo vivi,
dove in marzo l’artiglio spunta
per fiorire,
dove il tuono d’ottobre si fa delicato
e diventa profumo. Chiama!
Voglio venire da te,
dimmi in quale luogo,
Perché ci si possa l’un l’altro
interrogare e amare,
gioia senza terrore,
e essere buoni?
In nessun luogo si è buoni!
Hans Magnus Enzensberger

Sarà che i miei sogni

Sarà che i miei sogni spaventano il tiranno
come un lontano canto,
come sepolte campane,
come tutte le voci che non capisce.
Sarà che i miei sogni,
di uomo e di poeta,
sono coperti dal ferro
che mi rinchiude la vita
e ora sogno spade allegre.
Sarà, mi domando,
che ancora non capiscono
che incarcerarono l’uomo
perché non furono capaci,
dell’assalto vincente
al forte dei suoi sogni
che con più forza lo fa sognare.
Marcos Ana

Nuvole

Quanto a me
ho le braccia a pezzi
a furia di afferrare nuvole...
Charles Baudelaire

Luce nella selva

Luce nella selva,
musica di luce,
guizzante ed estatica
canorità raggiante,
fragori d'ombre,
aureole,
filtri di suoni,
e carezze, carezze,
confusione dei sensi,
fragranze agli occhi,
i colori mordono suggono,
labbra aperte attente,
chiaro sonoro
guizza il mondo,
il mondo
è un raggiante brivido canoro,
luce nella selva,
musica di luce...
Sibilla Aleramo

Piango

Piango
come dovrebbero gli altri su me piangere,
e nessuno invece nessuno
la mia agonia intende.
Piango
per la cecità degli altri,
di tutti che non sanno vedermi,
che sulla lor strada m'incontrano
e nel fondo dei miei occhi
vedere non sanno
quest'infinita supplica d'amore,
ch'io in carità essere sentita vorrei,
e cara a tutti sentirmi
qual mi son creata
con lungo martirio e sì pura fede.
Piango
come dovrebbero gli altri su me piangere,
O, non piangere, no
ma all'agonia strapparmi,
dalla morte che pietosa sola mi vuole.
Sibilla Aleramo

Ricordare...

Anche ricordare il male può essere un piacere quando il male è mescolato non dico al bene ma al vario, al mutevole, al movimentato, insomma a quello che posso pure chiamare il bene e che è il piacere di vedere le cose a distanza e di raccontarle come ciò che è passato.
Italo Calvino, Se una notte d'inverno un viaggiatore

Amo...

Amo tutto ciò che scorre, tutto ciò che ha in sé tempo e divenire, che ci riporta al principio dove non c’è mai fine: la violenza dei profeti, l’oscenità che è estasi, la saggezza del fanatico, il prete con la sua gommosa litania, le parole sozze della puttana, lo sputo portato via nella fogna, il latte della mammella e l’amaro miele che si riversa dall’utero, tutto ciò che è fluido, fuso, dissoluto e dissolvente, tutto il pus e il sudiciume che scorrendo si purifica, che perde il suo senso originario, che fa il grande circuito verso la morte e la dissoluzione. Il grande desiderio incestuoso è scorrere all’unisono col tempo, fondere la grande immagine dell’aldilà con quella dell’hic et nunc. Un desiderio fatuo, suicida, reso stitico dalle parole e paralizzato dal pensiero.
“Tropico del Cancro” - Henry Miller

domenica 24 giugno 2012

Ancora ho paura

Ancora ho paura di legarti con il filo del mio respiro,
di vestirti con le azzurre bandiere del sogno,
di accendere fiaccole alle porte di nebbia
del mio oscuro castello, perché tu possa trovarmi...
Ancora ho paura di scioglierti dai giorni luccicanti,
dalla caduta dorata del fiume solare del tempo,
quando sul volto terribile della luna
schiuma, d'argento, il mio cuore.
Alza gli occhi e non guardarmi!
Calano le bandiere, consumate sotto le fiaccole
e la luna descrive la sua orbita
E' tempo che tu venga e mi prenda, sacra follia!
Ingeborg Bachmann

Il tuo culo e il tuo cuore - Roberto Vecchioni


Il culo

Il culo, che meraviglia.
E’ tutto un sorriso, non è mai tragico.
Non gli importa cosa c’è
sul davanti del corpo. Il culo si basta.
Esiste dell’altro? Chissà, forse i seni.
“Mah” sussurra il culo ” quei marmocchi
ne hanno anocora di cose da imparare”.
Il culo sono due lune gemelle
in tondo dondolio. Va da solo
con cadenza elegante, nel miracolo
d’essere due in uno, pienamente.
Il culo si diverte
per conto suo. E ama.
A letto si agita. Montagne si
innalzano e scendono. Onde che battono
su una spiaggia infinita.
Eccolo che sorride il culo. E’ felice
nella carezza di essere e di ondeggiare.
Sfere armoniose nel caos.
Il culo è il culo,
fuori misura.
Carlos Drummond de Andrade

Trasformazione

Ho pianto con i tuoi occhi e pregato con le tue labbra.
Il mio cuore batte nel tuo. Penso i tuoi pensieri,
sogno i tuoi sogni. Né spazio né tempo
possono separarci. Non lo potrà la morte.
Sono vani tutti i confini quando l’amore
li confonde. E quel che mi annulla mi dilata:
goccia in mare o favilla in un gran fuoco,
mai mi sono sentita tanto esistere
come ora – perduta in quest’unione.
Margherita Guidacci

sabato 23 giugno 2012

Ho messo la mia anima fra le tue mani

Ho messo la mia anima fra le tue mani.
Curvale a nido. Essa non vuole altro
che riposare in te.
Ma schiudile se un giorno
la sentirai fuggire. Fa' che siano
allora come foglie e come vento,
assecondando il suo volo.
E sappi che l'affetto nell'addio
non è minore che nell'incontro. Rimane
uguale e sarà eterno. Ma diverse
sono talvolta le vie da percorrere
in obbedienza al destino.
Margherita Guidacci

A una passante

La via assordante strepitava intorno a me.
Una donna alta, sottile, a lutto, in un dolore
immenso, passò sollevando e agitando
con mano fastosa il pizzo e l'orlo della gonna
agile e nobile con la sua gamba di statua.
Ed io, proteso come folle, bevevo
la dolcezza affascinante e il piacere che uccide
nel suo occhio, livido cielo dove cova l'uragano.
Un lampo, poi la notte! - Bellezza fuggitiva
dallo sguardo che m'ha fatto subito rinascere,
ti rivedrò solo nell'eternità?
Altrove, assai lontano di quì! Troppo tardi! Forse mai!
Perchè ignoro dove fuggi, né tu sai dove io vado,
tu che avrei amata, tu che lo sapevi.
Charles Baudelaire

Campagna

La sera sta morendo
come un umile fuoco che si spegne.
Là, sui monti, non resta
che un po’ di brace. E quell’
albero rotto nel sentiero bianco
fa piangere di pena.
Due rami nel tronco ferito, e una
foglia appassita e nera in ogni ramo!
Piangi?... Nel folto del pioppeto d’oro,
lontano – un’ombra – l’amore ti aspetta.
Antonio Machado

venerdì 22 giugno 2012

La solitaria

Col passare degli anni s'è arricchito il mio cuore,
ed ho meno bisogno oggi di ieri
di vendere me stessa al primo compratore
o di dare parola ai miei pensieri.
Che ci sia un uomo o no, non cambia niente
se ho me stessa e da me so dove andare:
posso scalare il colle in una notte ardente
lo sciame delle stelle contemplare.
Pensino pure d'avere il mio amore,
ch'io li rimpiango, sola e senza scorta -
se giova al loro orgoglio, a me che importa?
Basto a me stessa, come pietra o fiore.
Sara Teasdale

Campi di luce

Io ho energie. Non temo nulla.
Luce è il cielo per me.
Se rovina il mondo-
io non rovino.
I miei orizzonti stanno luminosi
sopra la notte tempestosa della terra.
Uscite dal campo di luce misterioso!
Inflessibile, la mia forza aspetta.
Edith Sodergran

La corolla del papavero

Mi culla la corolla del papavero,
il mio sonno è lunghissimo. La strada
si agita laggiù da quattro ore.
Solo un tuo squillo potrebbe svegliarmi.
Non mi somiglia quest’inerzia, sono
da quando amo, tutt’altra persona.
Mi culli a lungo, mi culli il papavero,
se sarà lungo il mio sogno di te.
Maria Luisa Spaziani, "La traversata dell'oasi"

Mentre sto qui in attesa

Mentre sto qui in attesa
fuori il tempo si strugge nel mare
ma sempre ripreso per gli azzurri capelli
non raggiunge l'eternità -
Nessun amore ancora tra i pianeti
ma già vibra un accordo segreto.
Nelly Sachs

Per le cantate che si svolgevano nell'aria

Per le cantate che si svolgevano nell'aria io rimavo
ancora pienamente. Per l'avvoltoio che era la tua sinistra
figura io ero decisa a combattere. Per i poveri ed i malati
di mente che avvolgevano le loro sinistre figure di tra
le strade malate io cantavo ancora tarantella la tua camicia
è la più bella canzone della strada. Per le strade odoranti
di benzina cercavamo nell'occhio del vicino la canzone
preferita. Per quel tuo cuore che io largamente preferisco
ad ogni altra burrasca io vado cantando amenamente delle
canzoni che non sono per il tuo orecchio casto da cantante
a divieto. Per il divieto che ci impedisce di continuare
forse io perderò te ancora ed ancora - sinché le maree del
bene e del male e di tutte le fandonie di cui è ricoperto
questo vasto mondo avranno terminato il loro fischiare.
Amelia Rosselli

da "Variazioni"

Due porte

Solo due porte
sono serrate.
Tutte le altre ti invitano
e aprono al più leggero
tocco della tua curiosità.
Solo queste porte sono
così difficili da aprire
che le tue forze non bastano.
Nessun falegname viene e
le pialla e olia
i catenacci indocili.
La porta che dietro di te
si è chiusa e tu sei
fuori.
La porta che davanti a te si sbarra e tu
sei dentro.
Hilde Domin

Mania di solitudine

Mangio un poco di cena alla chiara finestra
Nella stanza è già buio e si vede nel cielo.
A uscir fuori, le vie tranquille conducono
dopo un poco, in campagna.
Mangio e guardo nel cielo - chi sa quante donne
stan mangiando a quest'ora - il mio corpo è tranquillo;
il lavoro stordisce il mio corpo e ogni donna.
Fuori, dopo la cena, verranno le stelle a toccare
sulla larga pianura la terra. Le stelle son vive,
ma non valgono queste ciliege, che mangio da solo.
Vedo il cielo, ma so che tra i tetti di ruggine
qualche lume già brilla e che sotto, si fanno rumori.
Un gran sorso e il mio corpo assapora la vita
delle piante e dei fiumi, e si sente staccato da tutto.
Basta un po’ di silenzio e ogni cosa si ferma
nel suo luogo reale , così com’è fermo il mio corpo.
Ogni cosa è isolata davanti ai miei sensi,
che l’accettano senza scomporsi: un brusio di silenzio
Ogni cosa nel buio la posso sapere
come so che il mio sangue trascorre le vene.
La pianura è un gran scorrere d’acqua tra l’ erbe,
una cena di tutte le cose. Ogni pianta e ogni sasso
vive immobile. Ascolto i miei cibi nutrirmi le vene
di ogni cosa che vive su questa pianura.
Non importa la notte. Il quadrato del cielo
mi sussurra di tutti i fragori, e una stella minuta
si dibatte di nuovo, lontana dai cibi,
dalle case, diversa. Non basta a se stessa,
e ha bisogno di troppe compagne. Qui al buio, da solo,
il mio corpo è tranquillo e si sente padrone
Cesare Pavese

Nella penombra

Ancora mettiamo entrambi le mani nel fuoco:
tu per il vino del lungo fermento notturno,
io per la mattinale acqua sorgiva, che non conosce i torchi.
il mantice attende il maestro, in cui confidiamo.
Non appena l'ansia lo scalda, il soffiatore giunge.
Va via prima di giorno, arriva prima del tuo richiamo:
è antico, come la penombra sopra le nostre ciglia rade.
Di nuovo egli fonde il piombo nella caldaia di lagrime:
per una coppa a te - occorre solennizzare il tempo perduto -
a me per il coccio pieno di fumo - che sarà versato nel fuoco.
Mi scontro così con te, facendo tintinnare le ombre.
Scoperto è chi esita, adesso,
chi ha scordato la formula magica.
Tu non puoi e non vuoi conoscerla,
bevi sfiorando l'orlo, dove è fresco:
come un tempo, tu bevi e resti sobrio,
le ciglia ti crescono ancora, tu ancora ti lasci guardare!
Io con amore all'attimo protesa sono già, invece:
il coccio mi cade nel fuoco, piombo mi ridiventa
qual'era. E dietro al proiettile sto,
monocola, risoluta, defilata,
e incontro al mattino lo invio.
Ingeborg Bachmann

giovedì 21 giugno 2012

Alla mia povera fragilità

Alla mia povera fragilità
guardi senza sprecar parole.
Tu sei di pietra, ma io canto.
Tu sei un monumento, ma io volo.
Io so che il più tenero maggio
all'occhio dell'Eternità è nulla.
Ma io sono un uccello e non incolparmi
se una facile legge m'è imposta.
Marina I. Cvetaeva

Non detto

Sono contenta che alcuni non abbiano parlato
del loro amore giovanile, contenta di essere timida
e di essermi stupita di come il cuore sembrava spezzarsi
e però con gioia. E' bene quando non tentiamo
di forzare noi stessi o far sì che altri si mettano addosso
ombre che ci appartengono. Le parole mi frenavano
quando ero adolescente. Ne udivo il suono
ma non le usavo. Così impariamo che la mancanza
produce una ricchezza che nessuna forzatura otterrebbe.
Le nostre prime storie d'amore sono un mondo di fate
e forse anche le ultime. C'e' un dolce dolore
nel pensare a come abbiamo imparato a capire
l'amore anzitutto in piccole perdite. Ora esse significano
case d'oro che abbiamo imparato a difendere.
Elizabeth Jennings

Pensa a una delicata morbidezza

Pensa a una delicata morbidezza. Pensa a una nuvola,
non per quello che è, vapore e aria, ma per come
l'immaginazione la domina, la nomina, la trattiene
in bilico sull'orlo della mente. Pensa a un passerotto,
non ancora capace di buttarsi nel volo ma che confida
nella spinta e nello slancio di chi l'ha generato. Osserva
le sfumature di pastello, l'opale dei soli al tramonto,
e come gli alberi si oscurano in ogni trama
e ombra di verde. Pensa al primo timido amore
che non osa dire quello che pensa di vedere ma aspetta
in un librarsi felice, non ancora nel fondo del desiderio.
Pensa alla gioia concreta di un bimbo sulla spiaggia
non ancora diviso dal luogo da dove guada o come
si incolla alle conchiglie o le scaglia di nuovo in una
pozza della roccia.
Pensa ai quadri e alle loro decise trasformazioni,
ritratti che calmano il volto congestionato di un uomo
o una donna che si contempla in uno specchio. E infine,
pensa ai primi invitanti accordi di una musica,
il primo fiero attacco dei violini, poi il suono dei corni,
e poi sii grato per come la mente può danzare
in mezzo e attorno e sotto le parole e rallegrati
e sappi che questo non è un caso.
Elizabeth Jennings

Dolomiti

Non monti, anime di monti sono
queste pallide guglie, irrigidite
in volontà d’ascesa. E noi strisciamo
sull’ignota fermezza: a palmo a palmo,
con l’arcuata tensione delle dita,
con la piatta aderenza delle membra,
guadagnamo la roccia; con la fame
dei predatori, issiamo sulla pietra
il nostro corpo molle; ebbri d’immenso,
inalberiamo sopra l’irta vetta
la nostra fragilezza ardente. In basso,
la roccia dura piange. Dalle nere,
profonde crepe, cola un freddo pianto
di gocce chiare: e subito sparisce
sotto i massi franati. Ma, lì intorno,
un azzurro fiorire di miosotidi
tradisce l’umidore ed un remoto
lamento s’ode, ch’è come il singhiozzo
rattenuto, incessante, della terra.
Antonia Pozzi

Quando sarò vecchia

Quando sarò vecchia, e rilassata,
E senza più questo desiderio,
Con i Ricordi a dividere il mio letto
E la Pace a dividere il mio fuoco,
Pettinerò i miei capelli in trecce frangiate
Al di sotto della mia cuffia pulita,
E guarderò le mie fredde e fragili mani
Giacer leggere sopra il mio grembo.
E avrò una veste ricamata
Con un pizzo a sfiorar la mia gola;
Tirerò le mie tende sulla città,
E canticchierò a bocca chiusa.
E dimenticherò come si piange,
E mi dondolerò, e mescolerò il mio tè.
Ma oh, come vorrei che quegli anni benedetti
Arrivassero più avanti di quanto faranno!
Dorothy Parker

Questa, non è la canzone di un'ingenua

Questa, non è la canzone di un'ingenua,
Questa, non è una ballata d'innocenza;
Questa, è la poesia d'una signora che
Ha seguito sempre le sue naturali inclinazioni.
Questo, un assolo di sapienza,
Questo, un canto di sofismi,
Questo, la somma di esperimenti, --
Li ho amati fintanto che m'hanno amato.
Vestita con abiti dai toni sabbia,
Decorati con le ceneri d'innumerevoli Quaresime,
Indossando copiosi mazzolini di rimorsi,
Cammino sempre in penitenza.
Spesso vago, quando il mio cuor si pente,
Nel Divino giardino del ricordo,
Incidendo sulle pietre, in mia commemorazione,
"Li ho amati fintanto che m'hanno amato".
Immagini scorrono in lunga retrospettiva, --
Colonne marcianti di eventi passati.
Io ero tenera e, spesso, sincera;
Ognor preda delle coincidenze.
Sempre conobbi le conseguenze;
Sempre vidi qual sarebbe stata la fine;
Noi siamo come la Natura c'ha fatto -- Perciò
Li ho amati fintanto che m'hanno amato.
Dorothy Parker

La tua notte è di lillà

La notte si accomoda dove sei tu. La tua notte è di lillà. Ogni tanto un segno scappa dai raggi delle tue fossette, infrange la coppa di vino e accende la luce delle stelle. La tua notte è la tua ombra, una terra leggendaria per l'uguaglianza tra i nostri sogni. Io non sono il viaggiatore né il residente della tua notte di lillà, sono colui che un giorno fu me. Ogni volta che la notte si dissipa in te, intuisco il vacillare del tuo cuore: non se ne soddisfa l'essere, né l'anima. E nei nostri corpi un cielo abbraccia una terra. E sei tutta la tua notte… Una notte che risplende come l'inchiostro dei pianeti. Una notte, a detta della notte, che striscia nel mio corpo indolente come la sonnolenza delle volpi. Una notte che trasuda un mistero luminoso sulla mia lingua. E più si precisa, più temo il domani nel pugno della mano. Una notte che scruta se stessa, sicura e rassicurata dalla propria infinitezza, appena sfiorata dal suo specchio e dai canti degli antichi pastori per l'estate di imperatori malati d'amore.
Mahmud Darwish (IL LETTO DELLA STRANIERA)

Una lezione di kamasutra

Con la coppa incastonata d'azzurro,
aspettala
vicino alla fontana della sera e ai fiori di caprifoglio,
aspettala
con il buon gusto del principe raffinato e bello,
aspettala
con il fuoco dell'incenso femminile dappertutto,
aspettala
con il profumo maschile di sandalo sui dorsi dei cavalli,
aspettala.
E non spazientirti. Se arriva in ritardo
aspettala,
se arriva in anticipo
aspettala
e non spaventare gli uccelli sulle sue trecce,
e aspettala
ché si sieda rilassata come un giardino in fiore,
e aspettala
ché respiri un'aria estranea al suo cuore,
e aspettala
fino a che non sollevi il suo vestito scoprendo le gambe
nuvola dopo nuvola,
e aspettala
e portala su un balcone per vedere una luna annegata nel latte,
e aspettala
e offrile l'acqua prima del vino e non
guardare il paio di pernici che le dormono sul petto,
e aspettala
e accarezza lentamente la sua mano
quando poggia la coppa sul marmo
come se sollevassi la rugiada per lei,
e aspettala
e parlale come il flauto
alla corda spaventata del violino,
come due testimoni di ciò che il domani vi prepara,
e aspettala
e leviga la sua notte anello dopo anello,
e aspettala
fino a che la notte non ti dica:
Al mondo siete rimasti soltanto voi due.
Allora portala dolcemente alla tua morte desiderata
e aspettala…!
Mahmud Darwish

mercoledì 20 giugno 2012

Sonetto (IV)

Lentamente massaggio il tuo sonno. O nome che abito in sogno, dormi.
La notte si coprirà con i suoi alberi e si addormenterà
Sulla sua terra, sovrana di un'assenza breve.
Dormi ché io galleggi
Sulle lentiggini che filtrano in me da una luna…
I tuoi capelli campeggiano sul tuo marmo, beduini che dormono incauti
e non sognano. Il tuo paio di colombe t'illumina dalle spalle
alle margherite del tuo sogno. Dormi su di te e in te
e che la pace dei cieli e della terra spalanchi per te tutte le sue
sale, una dopo l'altra.
Il sonno ti avvolge di me. Non un angelo a portare il tuo letto,
né uno spettro a svegliare il gelsomino. O nome mio al femminile, dormi.
Nessun flauto piangerà una cavalla in fuga dalle mie tende.
Sei ciò che sogni, estate di una terra nordica
che offre le sue mille foreste al regno del sonno. Dormi
e non svegliare il corpo che desidera un corpo nel mio sogno.
Mahmud Darwish

Sonetto (V)

Ti sfioro come il violino solitario i sobborghi lontani.
Lentamente il fiume rivendica ciò che gli spetta di pioggerella
e piano piano si avvicina un domani che passa attraverso il poema.
Porto la terra lontana ed essa mi porta sulle vie del viaggio.
Sulla cavalla delle tue inclinazioni la mia anima tesse
un cielo naturale con le tue ombre, filo dopo filo.
Sono nato dai tuoi atti sulla terra, nato delle mie ferite
quando accendono i fiori di melograno nei tuoi giardini chiusi.
Dal gelsomino scorre il sangue bianco della notte. Il tuo profumo
è la mia debolezza e il tuo segreto mi perseguita come il
morso di un serpente. I tuoi capelli,
tenda di vento dai colori autunnali. Cammino con le parole
fino alle ultime parole dette dal beduino a due coppie di colombe.
Ti tocco come il violino la seta del tempo remoto.
E intorno a me, a te, cresce l'erba di un luogo antico e nuovo.
Mahmud Darwish

Sereno

Dopo tanta nebbia
a una a una
si svelano le stelle.
Respiro il fresco
che mi lascia
il colore del cielo.
Mi riconosco
immagine passeggera,
presa in un giro immortale.
Giuseppe Ungaretti

Visto dall'alto

Su un viottolo giace uno scarabeo morto.
Tre paia di zampette ripiegate con cura sul ventre.
Invece del disordine della morte - ordine e pulizia.
L'orrore di questo spettacolo è moderato,
la sua portata locale, dalla gramigna alla menta.
La tristezza non si trasmette.
Il cielo è azzurro.
Per nostra tranquillità gli animali non muoiono
ma crepano d'una morte per così dire più piatta,
perdendo - vogliamo crederlo - meno sensibilità e mondo,
uscendo - così ci pare - da una scena meno tragica.
Le loro animucce mansuete non ci ossessionano la notte,
mantengono la distanza,
conoscono i mores.
E così questo scarabeo morto sul viottolo
brilla non compianto verso il sole.
Basta pensarci la durata di uno sguardo:
sembra che non gli sia accaduto niente di importante.
L'importante, pare, riguarda noi.
Solo la nostra vita, solo la nostra morte,
una morte che gode d'una forzata precedenza.
Wislawa Szymborska

Il sole cala, ha chiuso il bar all'angolo

Il sole cala, ha chiuso il bar all'angolo.
Si accendono i lampioni, quasi un'attrice che per farsi bella
e mettere spavento si bordi gli occhi di violetto.
I rintocchi del campanile
che ha messo radici nel cielo veneziano:
frutti che cadono senza toccare
il suolo. Se esiste un'altra vita,
lì qualcuno si occupa della raccolta
di queste cose. Tra poco tempo, credo,
ne saprò di più. Qui, dove tanto seme
è stato versato, e lacrime estasiate
e vino, in un vicolo del paradiso
terrestre io sto di sera, e aspiro
con la gomma raggrinzita dei polmoni
l'aria pulita, l'aria autunno-invernale,
rosa per i tetti di mattoni - l'aria locale
di cui non puoi saziarti, soprattutto
se fai le cose all'ultimo momento
della vita. L'aria che odora di gabbie liberate
dal tempo...
Iosif Brodskij

Se un uomo non si sente perduto, è perduto

Se un uomo non si sente perduto, è perduto
a tutto ciò che si svolge negli altri
e che avviene in lui.
Così perduto, egli scrive una lettera e una busta
e la suggella e vi sottolinea: Aprire dopo la mia morte!
Ma essere perduti e resistere e avere
la luna nel libro e la notte soltanto nel leggerlo,
non conoscere nè fine nè margine a se stessi,
non esser soli, ma esser perduti,
è come se la propria pena ed un'altra, di estranei,
generassero un terzo cuore...
Vladimir Holan

Sento il tempo con un enorme dolore

Sento il tempo con un enorme dolore.
Abbandono sempre ogni cosa con esagerata commozione. La povera stanza d'affitto dove ho passato alcuni mesi, il tavolo dell'albergo di provincia dove sono stato sei giorni, perfino la triste sala d'attesa della stazione dove ho speso due ore aspettando il treno: sì, le cose buone della vita mi fanno male in modo metafisico quando le abbandono e penso, con tutta la sensibilità dei miei nervi, che non le vedrò nè le avrò mai più, per lo meno in quel preciso ed esatto momento.
Mi si apre un abisso nell'anima e un soffio freddo dell'ora di Dio mi sfiora il volto livido.
Il tempo! Il passato! Ciò che sono stato e non sarò mai più ! Ciò che ho avuto e non riavrò! I morti! I morti che mi hanno amato nella mia infanzia. Quando li evoco la mia anima si raffredda e io mi sento esiliato dai cuori, solo nella notte di me stesso, piangendo come un mendicante il silenzio sbarrato di tutte le porte.
Fernando Pessoa

Non ho ambizioni né desideri

[…]
Non ho ambizioni né desideri.
Essere poeta non è una mia ambizione.
E’ la mia maniera di stare solo.
E se mi càpita di desiderare,
per pura immaginazione, di essere un agnello
(o il gregge intero
per sparpagliarmi su tutto il colle
e sentirmi contemporaneamente più cose felici),
è solo perché sento ciò che scrivo al tramonto
o quando una nuvola passa una mano sulla luce
e scivola un silenzio sull’erba.
Quando mi siedo a scrivere versi
oppure, passeggiando per viottoli e sentieri,
scrivo versi sul foglio che mi porto nel pensiero,
sento di avere in mano un vincastro
e vedo un profilo di me stesso
in cima alla collina,
sorvegliando il mio gregge e guardando le mie idee,
sorvegliando le mie idee e guardando il mio gregge
e sorridendo vagamente come chi non capisce ciò che si dice
e vuole far finta di capire.
Saluto tutti coloro che mi leggeranno,
togliendomi il cappello a larghe falde,
quando mi vedono sulla mia porta
appena la diligenza spunta in cima al colle.
Li saluto e auguro loro sole,
e pioggia, quando la pioggia è necessaria,
e che nelle loro case, presso
una finestra aperta,
ci sia una sedia prediletta
ove possano sedersi leggendo i miei versi.
E che leggendo i miei versi pensino
che io sono una cosa naturale:
quell’albero antico, per esempio,
sotto la cui ombra si sedevano da bambini,
con un tonfo, stanchi di giocare,
e si asciugavano il sudore della fronte accaldata
con la manica del grembiule a righe.
[…]
Fernando Pessoa

Ondina se ne va

[...]
Non ci sono domande nella mia vita.
Amo l'acqua, la sua densa trasparenza,
il verde nell'acqua e le mute creature
(muta saro' presto anch'io!),
e i miei capelli, tra quelle, nell'acqua ...
L'umida barriera tra me e me.
[...]
Non avevo bisogno di essere mantenuta,
non pretendevo dichiarazioni
o promesse solenni,
solo aria,
aria notturna, aria costiera, aria di confine,
per poter ogni volta riprendere fiato
per nuove parole, nuovi baci,
per una confessione senza fine:
Si'. Si'.
Dopo aver reso la mia confessione
ero condannata ad amare;
quando un bel giorno mi liberavo dell'amore
ero costretta a ritornare nell'acqua,
nell'elemento dove nessuno si prepara un nido,
si costruisce un tetto sotto le travi,
si rifugia sotto un telone.
Non essere in nessun luogo,
in nessun luogo restare.
Tuffarsi, riposare muoversi
senza spreco di forze...
[...]
Ingeborg Bachmann, Il Trentesimo anno

Era quella la giovinezza?

Era quella la giovinezza? quello zaffiro
splendente sulla neve
un’ora precisa
a Central Park quell’odore
su marciapiede e davanzale
fresco e intatto
la pace e il dramma della tempesta
sopra la città
pubblica intimità
in attesa
nella piccola copisteria appannata
piste di fango sul parquet
poi tremante inebriata
nel crepuscolo
alla fermata del tram in mezzo agli altri
pubblica fedeltà
Adrienne Rich

La colpa è di uno

Forse è stata un’ecatombe di speranze
un crollo in qualche modo previsto
ah, però la mia tristezza ha avuto solo un senso
tutte le mie intuizioni si sono affacciate
per vedermi soffrire
e di sicuro m’hanno visto
fin qui avevo fatto e rifatto
i miei tragitti con te
fin qui avevo puntato
a inventare la verità
però tu hai trovato la maniera
una maniera così tenera
e insieme implacabile
di dare per spacciato il mio amore
con un solo auspicio l’hai tolto
dai sobborghi della tua vita possibile
l’hai avvolto in nostalgie
l’hai portato per strade e strade
e lentamente
senza che l’aria notturna lo avvertisse
semplicemente l’hai lasciato lì
da solo con la sua fortuna
che non è molta
credo che tu abbia ragione
la colpa è di uno quando non fa innamorare
e non dei pretesti
né del tempo è da tanto tantissimo
che non mi confrontavo
come stanotte con lo specchio
ed è stato implacabile come te
ma non è stato tenero
ora sono solo
francamente solo
si fa sempre un po’ di fatica
a iniziare a sentirsi disgraziato
prima di tornare
ai miei lugubri quartieri d’inverno
con gli occhi ben asciutti
casomai
guardo come vai addentrandoti nella nebbia
e comincio a ricordarti.
Mario Benedetti

Ode alla stupidità

Potenza celeste che ti nascondi nelle pieghe dell'encefalo,
dote senza fondo elargita al genere umano in saecula saeculorum,
tu sei innumere come la via latteae molteplic e come l'erba.
Potente gemella dell'intelligenza, mano nella mano
celebri con essa una triste tiritera.
Si, è forte, come tu ci ispiri in sempre nuove guise,
come scemenza femminile e come idiozia maschile,
come sprizzi dagli occhi iniettati di sangue del picchiatore
e muovi passetti con aristocratica boria tossicchiante,
come ci fiati addosso con l'alito cattivo di una musa sbronza
e come polisillabo delirare nel seminano filosofico.
Cosa sarebbe l'uomo d'azione senza di te, stupidità granitica, totale e idiota,
che corri ardente per le sue vene come una overdose di amfetamina,
e cosa il ricercatore senza l'idea fissa che insegue
per i bianchi corridoi del suo istituto come la pantegana nel labirinto?
Senza contare la storia universale: di chi mai si ricorderebbe,
se non dei vincitori, nella sua ottusità napoleonica?
Sicché a noi sarà trasmesso lo stolido orgoglio del vincitore
e il rancore sordo del perdente, solo di quando in quando addolcito
dallo sproloquio ispirato dei sacerdoti delle sette,
dei comici e dei bevitori coatti. Stupidità,
tu spesso diffamata, che nella tua scaltrezza
ti fingi più stupida di quello che sei, protettrice di tutti i menomati,
solo agli eletti concedi il tuo dono più raro,
la benedetta semplicioneria dei sempliciotti.
Essi sono le pagine bianche nel tuo grande libro
che a nessuno di noi tu dissigilli.
Hans Magnus Enzensberger

Desaparecidos

Stanno da qualche parte / concordi
non concordi / sordi
cercandosi / cercandoci
assediati dai segni e dai dubbi
contemplando i cancelli delle piazze
i campanelli delle porte / le vecchie terrazze
mettendo in ordine i loro sogni / le loro dimenticanze
forse convalescenti della loro morte privata
nessuno gli ha spiegato con certezza
se sono passati o no
se sono striscioni o tremiti
sopravvissuti o rimproveri
vedono passare alberi ed uccelli
e ignorano a quale ombra appartengono
quando cominciarono a scomparire
tre/cinque/sette cerimonie fa
a scomparire come senza sangue
come senza volto e senza causa
videro dalla finestra della loro assenza
quello che restava indietro / questa impalcatura
di abbracci cielo e fumo
quando cominciarono a scomparire
come oasi nei miraggi
a scomparire senza un’ultima parola
tenevano fra le mani i frammenti
delle cose che amavano
stanno da qualche parte / nuvola o tomba
stanno da qualche parte / sono sicuro
là nel sud dell’anima
è possibile che abbiano smarrito la bussola
e ora vagano chiedendo chiedendo
dove diavolo è rimasto il buon amore
perché vengono dall’odio
Mario Benedetti

Uomo che guarda al cielo

Mentre passa la stella cadente
raccolgo in questo desiderio istantaneo
cumuli di desideri profondi e prioritari
per esempio che il dolore non mi spenga la rabbia,
che l’allegria non smonti l’amore mio,
che gli assassini del popolo trangugino
i loro molari canini e incisivi
e si mordano giudiziosamente il fegato
che le sbarre delle celle
diventino di zucchero o si pieghino di pietà,
e i miei fratelli possano fare di nuovo
l’amore e la rivoluzione
che quando affronteremo l’implacabile specchio
non malediciamo né ci malediciamo
che i giusti vadano avanti,
anche se sono imperfetti e feriti
che vadano avanti caparbi come castori,
solidali come api, agguerriti come giaguari
e impugnino tutti i loro no
per insediare la grande affermazione
che la morte perda la sua schifosa puntualità
che quando il cuore uscirà dal petto
possa trovare la via del ritorno
che la morte perda la sua schifosa
e brutale puntualità,
ma se arriva puntuale, che non ci colga
morti di vergogna
che l’aria torni ad essere respirabile e di tutti
e che tu ragazzina
resti allegra e addolorata,
mettendo nei tuoi occhi l’anima
e inoltre la tua mano nella mia mano,
e nient’altro
perché ormai il cielo è di nuovo torvo
e senza stelle
con elicottero e senza dio.
Mario Benedetti

Dio mio

E' un dio che non dorme
e si affaccia agli occhi
del prigioniero e della sua sentinella.
E' un dio che ci vede a occhi chiusi,
una palpebra d'aria, l'altra di acqua,
e non crede in noi.
E' un dio letterario
scritto giorno dopo giorno dalla sete,
la sconfitta e la voglia
di fuggire, inutilmente sempre,
dall'io e dalla sua spietata tirannia.
L'orizzonte, madre degli orfani,
dio dei miscredenti.
Juan Vicente Piqueras