…Dicono che c'è un tempo per seminare e uno più lungo per aspettare… io dico che c'era un tempo sognato che bisognava sognare.

...solo un sogno, un'emozione...una nuvola...solo un alito di vento che ti sfiora, solo l'eco dei tuoi passi nella sera...

sabato 31 agosto 2013

Scavando

Tra il mio indice e il pollice sta la penna,
salda come una rivoltella.

Sotto la finestra, un rumore graffiante all’affondare della vanga nel terreno ghiaioso:
è mio padre che scava. Guardo da basso,

Finché la sua schiena china tra le
aiuole, si risolleva venti anni indietro,
piegandosi a ritmo attraverso i solchi di patate che interrava.

Il rozzo scarpone accoccolato sulla staffa,
il manico contro l’interno del ginocchio sollevato con fermezza,
sradicava le alte cime, infossando a fondo l’orlo lucente
per spargere le patate nuove che noi raccoglievamo
amandone la fresca durezza tra le mani.

Sapeva bene come usare una vanga, per Dio.
Proprio come il suo vecchio.

Mio nonno tagliava più torba in una giornata
di chiunque altro uomo alla torbiera di Toner.
Una volta gli portai del latte in una bottiglia
turata alla men peggio con un pezzo di carta.
Si raddrizzò per berne e subito riprese
a tagliare e intaccare nettamente,
spalando pesanti zolle, gettandosele alle spalle, andando sempre più a fondo
in cerca di buona torba. Scavando.

Il freddo aroma d’ amido nel terriccio, il risucchio
e lo schiaffo della torba umida, i tagli netti della lama
nelle radici vive, mi risvegliano la memoria.
Ma non ho una vanga per imitare uomini come loro.

Tra il mio indice e pollice
sta salda la penna.
Scaverò con quella.
Séamus Heaney

Talvolta dimentico l’amore

Talvolta dimentico l’amore,
come dimentico la mia mano.
Solo loro possono prendere il mondo
e mettermelo davanti
perché possa toccarlo,
ma non mi ricordano il suo compito.
Dimenticare l’amore e la mano
mi permette di ricordare le cose
e anche di ricordarmi.
Se invece dimenticassi tutto
non dimenticherei però
né la mia mano né l’amore.
Anche vivere è dimenticare che si vive.
E amare dimenticare che si ama.
Roberto Juarroz
(da Decimotercera poesía vertical, 1992)

Non c’è parola più certa di un’altra

Non c’è parola più certa di un’altra.
S’impara a tacere con gli anni,
anche se sembra che parliamo.
Si nasce senza parole
e con tutte le parole distrutte ce ne andiamo.
E tuttavia,
nonostante vivere significhi ammutolire,
esiste un piacere primordiale nel silenzio,
che giustifica tutti i silenzi.

Roberto Juarroz

Disadattamento

Vivo come se un torrente mi attraversasse... Sempre così smisuratamente perduta ai margini della vita reale: difficilmente la vita reale mi avrà e se mi avrà sarà la fine di tutto quello che c'è di meno banale in me¹.
°
°
Chi ha la sua vita propria, non può accogliere in sé la vita varia, la vita che lo circonda, se questa non trova risonanza in lui, se egli non la sente come la sua stessa vita... Le anime deboli e schiave, che non hanno un contenuto di vita loro proprio, che non hanno una meta propria, che vivono alla mercé dell'esterno, orientate verso il mondo, con gli occhi fissi a questo e non al loro fine, sanno la comoda via dell'adattamento. Ma chi ha il proprio ideale, indispensabile, irrinunziabile, morrà, ma, finché vivrà, non potrà adattarsi².

Antonia Pozzi

¹da una lettera a Remo Cantoni
19 giugno 1935
da Lettere 1927-1938

²dai Diari, s.d.
Ed. Scheiwiller, Milano, 1988

Quella fuggitiva felicità che sai

La nostra verità è sopra di noi,
alta sopra le nuvole e il sereno;
la nostra verità non è nostra.
Nostri sono soltanto
i travagli e le pene d'ogni giorno.
E quella fuggitiva
felicità che sai, della carne, del sangue.
Diego Valeri

Quando tu dormirai



Quando tu dormirai si chiuderanno
tutti gli occhi di luce sulla terra,
piomberà su di noi la solitudine,
sterminata campana di silenzio
a cingerci di tenebre.
I magghenghi saranno amara polvere.
Dove fiorì la fiamma del papavero,
dove sui nostri passi la parola
si alzava come un razzo per esplodere
in zone rarefatte più lontane,
cercheranno le larve dell'Inizio
le immemoriali tane.
Apocalissi, ladra di memoria.
La coscienza saprà scavarsi un foro
nei bastioni del tempo?
E diremo alle larve quanto valga
la sorte nostra, e loro?
Maria Luisa Spaziani

Inarrestabile

La pro­pria parola
chi la riporta indietro,
la parola
viva
non ancora pronunciata?
Dove vola la parola
si sec­cano i prati,
ingial­li­scono le foglie,
cade la neve.
Un uccello tor­ne­rebbe da te.
Non la tua parola,
quella ancora non detta,
nella tua bocca.
Le altre parole le rimandi
indie­tro,
parole con sof­fici piume colorate.
La parola è più veloce,
la parola nera.

Arriva sem­pre,
non smette mai di
arri­vare.

Meglio un col­tello di una parola.
Un col­tello può essere poco affilato.
Un col­tello molte volte
manca il cuore.
La parola no.

Alla fine è la parola,
sem­pre
alla fine
la parola.
Hilde Domin

Quando il respiro

Quando il respiro
ha eretto la capanna della notte
ed esce
a cer­care in cielo la sua flut­tuante dimora
 e il corpo
vigneto san­gui­nante
ha riem­pito le botti del silenzio
gli occhi sono traboccati
nella luce veggente

Quando ognuno s’è vanificato
nel suo segreto
e tutto s’è com­piuto due volte –
la nascita
sale can­tando per ogni scala di Giacobbe
agli organi della morte –
 allora
un bel lampeggiare
accende il tempo
Nelly Sachs

Rimprovero e risposta

Per­ché, Wil­liam, su quell’antico e gri­gio sasso,
da un’intera mezza giornata,
Per­ché, Wil­liam, siedi così solitario
Ad ingan­nare il tempo fantasticando?

Dove sono i tuoi libri, quella luce lasciata
Ad esseri altri­menti cie­chi e abbandonati?
Alzati, alzati! Iné­briati dello spi­rito alitato
Dai morti ai loro simili.

Ti guardi attorno sulla madre terra
Come se inu­til­mente t’avesse dato vita,
Come se tu ne fossi il primogenito
E nes­suno avesse avuto prima di te!”
Così un mat­tino, in riva al lago Esthwaite,
Quando chissà per­ché la vita m’arrideva,
A me parlò il mio buon amico Matthew,
E così io gli risposi:

L’occhio non ha altra scelta che vedere,
Né le orec­chie han facoltà di non udire;
I nostri corpi sen­tono, ovun­que siano,
Che noi lo si voglia o meno.

E son ben certo che vi son tali poteri
Che tanto influen­zano le menti
Si ch’esse pos­sono nutrirsi
In una sag­gia passività.

Pensi forse che in mezzo a que­sta moltitudine
Di cose peren­ne­mente dialoganti,
Nulla venga spontaneamente
E che in eterno si debba andare in cerca?

Dun­que non doman­dar perché
Qui me ne stia da solo a conversare,
Seduto su quest’antico e gri­gio sasso,
Ad ingan­nar il tempo fantasticando”.
 William Wordsworth
“Word­sworth, Cole­ridge, Bal­late liri­che”

venerdì 30 agosto 2013

Tu mi hai insegnato tutto

Tu mi hai insegnato tutto.
Insegnami a morire, bella vista.
A scomparire,
Come tu sei scomparsa.

Fa' che non sappia che cos'è
chiamarsi:
essere Piera, Gustavo,
nave, mare, muretto.

Insegnami a mancare,
a tornare invisibile, com'era
l'occhio in cui ti ammiravi.
 
Umberto Fiori
[da La bella vista - 2002]

Le Parole

Quando coi loro discorsi,
a furia di domande, e dati, e prove,
ti mettono faccia al muro, ti perquisiscono
tutta la sera
per farsi dare ragione,
quanta pena ti fanno le persone.

Ma sulla strada di casa, libero,
ancora scosso per la discussione,
ti commuove, a pensarci,
ogni volta vedere quanta fede
hanno nelle parole.

Parlano come se con una frase
si potesse davvero dare e togliere,
legare e sciogliere e mettere bene in chiaro
tutto, una volta per sempre;
come se si trattasse di trovare
un accordo
e poi nessuno potesse mai più
parlare di questo e quello,
ma dovessero tutti sempre e solo
dire lo stesso.

E non è poi questo che speri
anche tu? Che una volta trovati itermini
giusti, precisi,
si fermi la corrente
e torni in ordine il mondo?
Non sogni anche tu che le cose
finalmente si lascino dire chiare,
si lascino chiamare
col loro nome,
e diventino vere?

Le parole
se vuoi vedere la forza che hanno,
e cosa sono, e come sono grandi,
guarda i bambini quando
scoppia una lite,
che prima uno ripete la sua ragione,
l'altro la sua, a voce sempre più alta,
poi, quando è diventata una canzone,
si urlano in faccia solo di sì, di no,
di no di sì, con le lacrime agli occhi:
non ci possono credere
che là fuori non faccia
nessun effetto, che non tocchi
niente, nessuno,
quello che dentro invece è così chiaro
che toglie il fiato
e piega le ginocchia.

Quando- come stasera- ti danno contro
e tu devi dar conto
di come parli, di quello che dici,
senti tutto il discorso a un certo punto
girare a vuoto.
La tua voce, le voci
anche degli altri lì intorno
sono rimaste sole. Più niente
le sostiene.
Niente sostiene niente. Le parole
sono solo parole.

Sono solo parole
le parole.

Ma un giorno questo "solo"
che le mette da parte e le fa stare
sacrificate
ti sembra nuovo.

Ti sembra quando
la galleria finisce, e il muraglione,
la curva, il fiume, il verde,
li ritrovi lì a splendere
chiusi nel loro contorno.
 
Umberto Fiori
[da "Chiarimenti", Marcos y Marcos, 1995]

C'è come un dolore nella stanza

C'è come un dolore nella stanza, ed
è superato in parte: ma vince il peso
degli oggetti, il loro significare
peso e perdita.

C'è come un rosso nell'albero, ma è
l'arancione della base della lampada
comprata in luoghi che non voglio ricordare
perché anch'essi pesano.

Come nulla posso sapere della tua fame
precise nel volere
sono le stilizzate fontane
può ben situarsi un rovescio d'un destino
di uomini separati per obliquo rumore. 
Amelia Rosselli

Radiosonetto

Il mio libro sei tu, mio vecchio amore:
ti ho letto le tue vertebre, la pelle
dei tuoi polsi: ho tradotto anche il fragore
dei tuoi sbadigli: dentro le tue ascelle
ho inciso il mio minidiario: il calore

del tuo ombelico è un tuo glossario: nelle
xilografie delle tue rughe è il cuore
dei tuoi troppi alfabeti: alle mammelle
dei tuoi brevi capitoli ho affidato,
mia bibbia, le mie dediche patetiche:
questo solo sonetto, io l’ho copiato
dalla tua gola, adesso: e ho decifrato
la tua vagina, le tue arterie ermetiche,
gli indici tuoi, e il tuo fiele, e il tuo fiato:

Edoardo Sanguineti

giovedì 29 agosto 2013

L'adulta

Tutto ciò su lei stava ed era il mondo,
stava su lei con tutto, pietà e ansia, come alberi
che crescono diritti; tutto immagine,
eppure senza immagini, come arca dell'alleanza,
e solenne, come rivolto a un popolo.

E lei lo sosteneva tutto intero,
ciò che vola, che fugge, che è lontano,
l'immenso, il non appreso ancora, calma
come la portatrice d'acqua regge
la brocca colma. Finché a mezzo il gioco,
trasformando e altro preparando,
insensibile il primo velo bianco
sul volto aperto adagio scivolò,

diafano quasi e per non più levarsi,
e chi sa come a ogni domanda una
sola, vaga risposta replicando:
in te, che un tempo fosti bambina, in te.
Rainer Maria Rilke

Specchio per il corpo dell'amante



Il corpo dell’amante, ogni giorno,
svanisce nell’aria, diventa profumo
volteggia, evoca tutti i profumi
si reca al proprio giaciglio
avvolge i propri sogni, si dissolve come l’incenso
riaffiora come l’incenso.
Le sue prime poesie sono simili al dolore di un
bambino
smarrito nel vortice dei ponti
poichè non sa come rimanere nelle acque, non sa
come attraversarli.
Adonis

mercoledì 28 agosto 2013

L'amico che dorme

Che diremo stanotte all'amico che dorme?
La parola più tenue ci sale alle labbra
dalla pena più atroce. Guarderemo l'amico,
le sue inutili labbra che non dicono nulla,
parleremo sommesso.
La notte avrà il volto
dell'antico dolore che riemerge ogni sera
impassibile e vivo. Il remoto silenzio
soffrirà come un'anima, muto, nel buio.
Parleremo alla notte che fiata sommessa.
Udiremo gli istanti stillare nel buio
al di là delle cose, nell'ansia dell'alba,
che verrà d'improvviso incidendo le cose
contro il morto silenzio. L'inutile luce
svelerà il volto assorto del giorno. Gli istanti
taceranno. E le cose parleranno sommesso.
Cesare Pavese

L'amore

L'amore nasce di nascosto
e nemmeno se ne accorge.
Vive di luminosi sguardi
e cresce placidamente.
Negli occhi dell'amore
fiorisce una sognante rosa
e nelle mani ha la tenerezza
che vellutata accarezza.
Sulle sue labbra trema
un pensieroso sospiro.
E vi gioca senza posa
Il radioso riverbero del sole.
L'amore nuota nelle nuvole,
non cammina per terra.
Ma ama essere inciso con segni
segreti sui banchi di scuola.
L'amore non ha la lingua sciolta,
tutto ciò che fa, gli si rivolta contro,
finché non diventa abbastanza
grande per il primo bacio.
*
Nella camicia di forza dell'amore
siamo sempre legati
senza costrizione. 
Niko Grafenauer 

Treni verso il sud

Questi treni
vanno al sud,
questi treni –
questi treni
sono fatti di sogni
e di tormenti,
questi treni –
come un rosario
mi
scivolano
tra le dita,
mentre spero:
con il prossimo
è la mia volta
di partire.
Miroslav Košuta

Quando non può lottare contro il vento e il mare...

Quando non può lottare contro il vento e il mare per seguire la sua rotta, il veliero ha due possibilità: l’andatura di cappa che lo fa andare alla deriva, e la fuga davanti alla tempesta con il mare in poppa e un minimo di tela. La fuga è spesso, quando si è lontani dalla costa, il solo modo di salvare barca ed equipaggio. E in più permette di scoprire rive sconosciute che spuntano all’orizzonte delle acque tornate calme. Rive sconosciute che saranno per sempre ignorate da coloro che hanno l’illusoria fortuna di poter seguire la rotta dei carghi e delle petroliere, la rotta senza imprevisti imposta dalle compagnie di navigazione. Forse conoscete quella barca che si chiama desiderio.
Henry Laborit, L’elogio della fuga

Sonetto 116 - Non sia mai ch‘io ponga impedimenti

Non sia mai ch‘io ponga impedimenti
All‘unione di due anime fedeli; Amore non è amore
Se muta quando scopre un mutamento
O tende a svanire quando l‘altro s‘allontana.
Oh no! Amore è un faro sempre fisso
Che sovrasta la tempesta e non vacilla mai;
È la stella che guida di ogni barca,
Il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza.
Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra
E gote dovran cadere sotto la sua curva lama;
Amore non muta in poche ore o settimane,
Ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio;
Se questo è un errore e mi sarà provato,
Io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato.
William Shakespeare

martedì 27 agosto 2013

Cade la pioggia triste e senza posa

I
Cade la pioggia triste e senza posa
a stilla a stilla
e si dissolve. Trema
la luce d'ogni cosa. Ed ogni cosa
sembra che debba
nell'ombra densa dileguare e quasi
nebbia bianchiccia perdersi e morire
mentre filtri voluttüosamente
oltre i diafani fili di pioggia
come lame d'acciaio vibranti.
Così l'anima mia si discolora
e si dissolve indefinitamente
che fra le tenui spire l'universo
volle abbracciare.
Ahi! che svanita come nebbia bianca
nell'ombra folta della notte eterna
è la natura e l'anima smarrita
palpita e soffre orribilmente sola
sola e cerca l'oblio.

II
“Guardi dove cammina! o 'che 'gli è cieco?”.
M'erutta in faccia con fetor di vino
un popolano dondolando l'anca.
In vasta curva costeggiando il fiume
tremola ancor la luce dei fanali
e l'Arno scorre sonnacchioso e grigio,
l'acque melmose.
Spicca dei colli ancor la massa oscura
e San Miniato avvolto nella nebbia
ombra nell'ombra, -
fiaccola rossa dai camini neri
batte nell'aria, e l'alito affannoso
ferve di vita.
E risponde dall'anima mia triste
un'ansïosa brama di vittoria
ed un bisogno amaro di carezze:
forza incosciente - fiaccola fumosa.

III
O vita, o vita ancor mi tieni, indarno
l'anima si divincola, ed indarno
cerca di penetrar il tuo mistero
cerca abbracciare in un amplesso immenso
ogni tuo aspetto. -
Amore e morte, l'universo e 'l nulla
necessità crudele della vita
tu mi rifiuti.
(Febbraio 1907)
Carlo Michelstaedter

L'albero di Natale

Tallinn, dicembre 1961
A sud del golfo di Finlandia la notte
vicino al mare brumoso
l'albero di Natale scintilla
tra oscure torri gotiche
corazze di cavalieri teutoni
e ciminiere di fabbriche
l'albero di Natale
l'albero di Natale canta
sulla piazza bianca di neve
canzoni dell'Estonia
lunghissimo scintillante
pagliuzzato d'oro
l'albero di Natale
tu sei nella palla di vetro rosso
i tuoi capelli son paglia gialla le ciglia azzurre
sono io che l'ho appesa
mettendotici dentro
il tuo collo bianco è lungo e rotondo
ti ho messa nella palla di vetro rosso
con i miei dubbi
con le mie ansietà con le mie parole
le mie speranze le mie carezze
a tutti gli alberi di Natale a tutti gli alberi
a tutti i balconi le finestre i chiodi le nostalgie
ho appeso la palla di vetro rosso.
.
Nazim Hikmet

Il tempo non esiste

«Se vieni per esempio alle quattro...,
             comincerò a essere felice dalle tre.»
         

 Saint-Exupéry
 
Il tempo non esiste
quando sei con me.
Lo conto appena,
lo soppeso e lo misuro,
lo patiscono appena
la mia carne e il mio spirito,
lo benedico soltanto
o forse lo maledico,
quando stai arrivando
o quando te ne sei andata.
Il mondo non esiste
quando sono con te.
.
Antonio Murciano

Pescatori

Rovesciavi il bel viso in fanciullesco modo,
per ascoltare quel trillo alto perduto di allodola;
guardavi stupita gli spazi, la bianca mattina
fumante nel sole, confusa alla bianca marina.
Poi vennero i pescatori: con lunghi strappi oscillanti,
con rotte grida, tiravano in secco le reti stillanti.
Nel bruno groviglio dei fili scorgesti un guizzare d'argenti
di azzurri di verdi. Ridevi tutta, occhi labbra denti.
Diego Valeri

lunedì 26 agosto 2013

Io sono come la lupa

Io sono come la lupa, me ne vado sola e rido
dovunque sia, poichè ho una mano
che sa lavorare e un cervello sano.

Chi mi può seguire venga con me,
ma io me ne sto ritta, di fronte al nemico,
la vita, e non temo il suo impeto fatale
perchè ho sempre un pugnale pronto in mano.

Il figlio e dopo io e dopo...quel che sia!
Quel che prima mi chiami alla lotta.
Talvolta l'illusione di un bocciolo d'amore
che so sciupare prima ancora che diventi fiore.

Alfonsina Storni

Le città e il desiderio

Al centro di Fedora, metropoli di pietra grigia, sta un palazzo di metallo con una sfera di vetro in ogni stanza. Guardando dentro ogni sfera si vede una città azzurra che è il modello di un’altra Fedora. Sono le forme che la città avrebbe potuto prendere se non fosse, per una ragione o per l’altra, diventata come oggi la vediamo. In ogni epoca qualcuno, guardando Fedora qual era, aveva immaginato il modo di farne la città ideale, ma mentre costruiva il suo modello in miniatura già Fedora non era più la stessa di prima, e quella che a ieri era stato un suo possibile futuro ormai era solo un giocattolo in una sfera di vetro.
Fedora ha adesso nel palazzo delle sfere il suo museo: ogni abitante lo visita, sceglie la città che corrisponde ai suoi desideri, la contempla immaginando di specchiarsi nella peschiera delle meduse che doveva raccogliere le acque del canale (se non fosse stato prosciugato), di percorrere dall’alto del baldacchino il viale riservato agli elefanti (ora banditi dalla città), di scivolare lungo la spirale del minareto a chiocciola (che non trovò più la base su cui sorgere).
Nella mappa del tuo impero, o grande Kan, devono trovar posto sia la grande Fedora di pietra sia le piccole Fedore nelle sfere di vetro. Non perché tutte ugualmente reali, ma perché tutte solo presunte. L’una racchiude ciò che è accettato come necessario mentre non lo è ancora; le altre ciò che è immaginato come possibile e un minuto dopo non lo è più.

Seduti a prendere il tè

Seduti a prendere il tè
Parlavano tanto d'amore.
I signori attenti all'estetica,
Le signore ai moti del cuore.
L'amore deve esser platonico,
Disse il secco Consigliere.
Sua moglie sorrise ironica,
Ma sospirò: Ahimè!
Spalanca la bocca il Canonico:
L'amore non sia troppo rozzo,
Altrimenti risulta nocivo.
La Signorina bisbiglia: perché?
La Contessa dice mesta:
L'amore è una passione!
E amabilmente porge
La tazza al signor Barone.
Intorno al tavolo c'è un posto in più:
Non sei venuta, mio tesorino.
Sarebbe stato così carino
Sentirti dire come ami tu.
Heinrich Heine - 1822