…Dicono che c'è un tempo per seminare e uno più lungo per aspettare… io dico che c'era un tempo sognato che bisognava sognare.

...solo un sogno, un'emozione...una nuvola...solo un alito di vento che ti sfiora, solo l'eco dei tuoi passi nella sera...

giovedì 29 maggio 2014

Dal film "La Finestra di fronte" Scena finale (lettera di Giovanna a Davide)


Dal film "La finestra di fronte" (Lettera di Davide per Simone)


Da Giovanni Verga a Dina

Tante, tante cose ti vorrei dire che mi si affollano alla mente e mi gonfiano in cuore e che diventano fredde e sciocche nella carta. Questo solo ti dico, che ti ho ancora e sempre dinanzi agli occhi, e ti accompagnano in ogni ora della tua giornata, e sento che mi manca la più cara e la miglior parte di me stesso. Come hai fatto a prendermi così? Quel viaggio che ho rifatto da solo, dopo averlo fatto insieme a te è stato una gran tristezza; ogni luogo, ogni pietra che abbiamo visto insieme mi ritorna dinanzi, e mi lega. Le parole, gli atti, il tono della voce. Le parole che non dicesti e quelle che non osai dirti. L'ombra che ti fuggiva nella fronte e gli occhi che guardavano lontano. Ancora non mi dà pace di aver perduto questi giorni che avrei potuto passare ancora insieme a te, o vicino a te. E se non fosse la certezza di far pensare che son matto, farei il ballo del ritorno anche per un sol giorno. Beata te che sei così giudiziosa ed equilibrata! Vedi che un po' d'equilibrio l'hai dato anche a me! Però domani sera voglio essere a Milano, senz'altra dilazione e vuol dire che lontani per lontani guarderò almeno il posto dove ti vedevo passare dalla finestra. Che sciocchezze, eh? Ebbi la tua lettera come una carezza. Ma l'avevo aspettata tanto che sono andato ad aspettarla anche all'arrivo del corriere dall'Italia. Scrivimi al "Continentale" dal giorno del tuo arrivo. Io non mi permetto di darti dei consigli, ma penso che se non potessi trovare l'alloggio per cui hai telegrafato, non sarebbe poi la fine del mondo se tu andassi all'albergo fin che avessi trovato di collocarti bene. Ti bacio quelle mani che mi attirano e mi tengono stretto. Addio.

Romanticismo

Dice che le donai una stella,
dice che accadde al porto,
una domenica sera,
quando cominciavamo a uscire insieme.
Io non ricordo niente, a dire il vero,
è passata mezza vita da allora. Però,
vallo a sapere! Tutto sommato, può
anche essere vero: vent’anni,
innamorato perso,
e senza un soldo in tasca…
Che cos’altro le potevo regalare?
Karmelo C. Iribarren

lunedì 26 maggio 2014

Canzoni dell'assenza, 2

Né i sogni, dove il tuo viso ha tutte le forme della felicità,
né il sole che tanto amo sul mio corpo nudo,
né la gradevole canzone dell’antico trovatore innamorato,
né il verso di Darío né il verso di Quevedo,
né questa luna che brilla con splendore di salvadanaio,
né il tuo nome pronunciato da altri,
né l’eco dei miei passi nella immensa cattedrale deserta,
né il rosaio che pianto con le mie mani e mi fa sanguinare le dita,
né le notti insonni,
né il tuo dolce ritratto menzognero,
né il tempo – questo falsario dai mille volti -
possono calmare la mia pena di non vederti.
Piedad Bonnett

domenica 25 maggio 2014

Non lo vedete

Non lo vedete, non lo vedete amici!
che non gli sono sopravvissuta
non l'ho neppure superato, non lo vedete,
che cammino all'indietro, che
d'ora in poi parlo all'indietro, che
mi restringo, butto avanti
i capelli intasco le mani
risucchio le parole, non lo vedete,
non vedete,
che mi allontano da me, che declino,
che mi consegno,
e grido, perchè i pazzi
cercano a tastoni i loro custodi
come io il mio.

Ingeborg Bachmann

Condizione

Un uomo solo,
chiuso nella sua stanza.
Con tutte le sue ragioni.
Tutti i suoi torti.
Solo in una stanza vuota,
a parlare. Ai morti.

Giorgio Caproni

Quante volte



Quante volte già hai passeggiato, così, vicino a un orologio
o sotto una stenta acacia, cercando con gli occhi,
ma la sembianza dell'una o dell'altra s'altera facilmente...
Nei sensi la fatalità e in echi d'anima
conoscesti la paura della morte,
ecco che cos'è aspettare... Così dopo
sono reali soltanto gli spettri... Ma la gelosia
non ha chi la difenderebbe...
Vladimir Holan

Il messaggio



Ridammi i miei occhi smarriti che
Oh! Troppo han dimorato su di te.
Ma se lì hanno imparato sino ad ora
tante false passioni
e mali e affettazioni
che li hai fatti
inadatti
a buone visioni, tienili ancora.

Ridammi il mio cuore disarmato,
da indegni pensieri mai macchiato.
Ma se il tuo gli ha insegnato che conviene
avere in derisione
ogni dichiarazione
e le promesse e il dire
tradire,
tienilo, chè ormai più non mi appartiene.

Ridammi cuore e occhi tuttavia,
ch'io sappia e veda ogni tua bugia,
e ridere e godere possa, allora
che in angosce sarai
e languirai
per uno che
non voglia te
o sia infedele come sei tu ora.
John Donne

Fotografia



M’attira il tuo sorriso come
Potrebbe attirarmi un fiore.
Fotografia tu sei il fungo bruno
Della foresta
La sua bellezza
I bianchi sono
Un chiaro di luna
In un pacifico giardino
Pieno d’acque vive e d’indiavolati giardinieri.
Fotografia sei il profumo dell’ardore
La sua bellezza
E ci sono in te
Fotografia
I toni illanguiditi
Vi si sente
Una melopea.
Fotografia tu sei l’ombra
Del sole
Tutta la sua bellezza.
Guillaume Apollinaire

Ricognizione



Al limite dell'orizzonte impallidisce
Una sola crepuscolare betulla
Dove fugge la misura angolare
Dal cuore all'anima alla ragione.
L'azzurro galoppo dei ricordi lontani
Traversa i lillà degli occhi.
E i cannoni dell'indolenza
I miei sogni sparano verso
i cieli.
Guillaume Apollinaire

sabato 24 maggio 2014

Cristallo

I opened my eyes
and watched the sunshine
it had been out all night
to relax and unwind
Sentimenti visibili
vicinanza leggera
chioma di carezze.

Senza ombre nè dubbi
dai gli occhi a quel che vedono
visti da quel che guardano.

Fiducia di cristallo
tra due specchi
ti si perdono gli occhi nella notte
per unire desiderio e risveglio.
Paul Eluard

Lui

Lui continua a credere
di essere l’attore principale.

Invece, io ho cambiato
copione tante volte,
e il protagonista
adesso è un mare verde senza ali.

   Lamiae El Amrani

venerdì 23 maggio 2014

Agonia

Girerò per le strade finché non sarò stanca morta
saprò vivere sola e fissare negli occhi
ogni volto che passa e restare la stessa.
Questo fresco che sale a cercarmi le vene
è un risveglio che mai nel mattino ho provato
così vero: soltanto, mi sento più forte
che il mio corpo, e un tremore più freddo accompagna
il mattino.

Sono lontani i mattini che avevo vent’anni.
E domani, ventuno: domani uscirò per le strade,
ne ricordo ogni sasso e le striscie di cielo.
Da domani la gente riprende a vedermi
e sarò ritta in piedi e potrò soffermarmi
e specchiarmi in vetrine. I mattini di un tempo,
ero giovane e non lo sapevo, e nemmeno sapevo
di esser io che passavo – una donna, padrona
di se stessa. La magra bambina che fui
si è svegliata da un pianto durato per anni:
ora è come quel pianto non fosse mai stato.

E desidero solo colori. I colori non piangono,
sono come un risveglio: domani i colori
torneranno. Ciascuna uscirà per la strada,
ogni corpo un colore – perfino i bambini.
Questo corpo vestito di rosso leggero
dopo tanto pallore riavrà la sua vita.
Sentirò intorno a me scivolare gli sguardi
e saprò d’esser io: gettando un’occhiata,
mi vedrò tra la gente. Ogni nuovo mattino,
uscirò per le strade cercando i colori.

 Cesare Pavese

Quando sarò vecchia

Quando sarò vecchia
- se mai lo sarò -
e mi guarderò allo specchio
e mi conterò le rughe
come delicata orografia
di pelle distesa.
Quando potrò contare i segni
lasciati dalle lacrime
e dalle preoccupazioni
e il mio corpo risponderà lentamente
ai desideri,
quando vedrò la mia vita avvolta
in vene azzurre
in occhiaie profonde
e scioglierò i miei capelli bianchi
per andare a dormire presto
- come si deve -
quando verranno i nipotini
a sedersi sulle mie ginocchia
fiaccate dal passare di molti inverni,
so che il mio cuore – ribelle -
starà ancora ticchettando
e i dubbi e i vasti orizzonti
saluteranno ancora
i miei mattini.
Gioconda Belli

Casa di bambola

Sezione della casa.
Frontale. Mezza in ombra.
II terzo piano è soffitta.
Rotola una palla, costante, e la polvere è viola.
Il secondo piano si flette.
Tutti i passi dei figli, a migliaia. Dei gatti.
Si flette.
Al primo piano comincia il dolore.
Lei è tutta sul letto, decomposta.
Lui la aspetta nella vasca da bagno.
Al piano terra è cominciato da giorni.
Lei ora è in cucina. Ha già pianto e si affretta.
Lui l’ha seguita con le sue lenti tabacco.
Fuori un groviglio di spade. Il prato col box.
C’era il nome.
La sezione non mostra le scale.
Si passa da dietro, tra i piani.
I figli lo sanno tutti in fila.
In salotto lei ha perso l’età.
Lui la ragione.
Scricchiola un osso qualunque, un molare.
La polvere si è fatta celeste e riflette.
Non si aspettano strade
Mia Lecomte

La spiaggia

Nessuno potrà togliermi – mi dico – l’illusione  
di sognare che questa mattina sia esistita.  
Il tempo s’è fermato: sento le tue risate,  
le tue parole di bambino. Non sono mai stato
soddisfatto di tutto come ora, così certo   
della felicità. Giochi vicino  
all’acqua ed io t’aiuto coi castelli di sabbia,   
a cercare conchiglie. Tu da un posto  
all’altro corri, sguazzi, gridi, cadi,   
corri di nuovo, poi ti fermi accanto   
a me, mi abbracci, io bacio i tuoi capelli,  
gli occhi, le guance, e l’esultante infanzia.   
Il mare è azzurro e calmo. In lontananza 
vele bianche. Ed il sole che ci lascia   
il suo oro violento sulla pelle.
                                                      Mi dico 
 
che il miracolo è vero, e che è vero il fluire   
immoto della quieta mattinata  
e così l’illusione di sognare il ristagno  
dolcissimo nel quale noi diventiamo esseri 
felici d’esser vivi, lieti di stare insieme  
e abitare la luce.
                                Ma all’improvviso ascolto
 
il rumore terribile e cupo che fa il tempo
quando trascorre rapido e allora la certezza  
del mio sogno si spezza; si frantuma  
– come fragile vetro – l’illusione  
di stare qui, con te, vicino all’acqua.  
Diventa scuro il cielo, il mare s’agita.  
E io sento nel sangue la paurosa vertigine  
dell’età: in quell’istante sono passati gli anni.
 T’ho visto allontanarti, ormai cresciuto.  
E non sei più il bambino che giocava col padre,   
sulla spiaggia. Sei un uomo, ora, e anche tu   
lo capisci che non è mai esistito,   
che non esiste e mai esisterà quel giorno,   
la gioia favolosa degli occhi che ti guardano, 
la leggenda impossibile della tua infanzia.  
Sei da solo e mi cerchi. Io sono morto, forse.  
Siamo le ombre di un sogno, nebbia, parole, niente.  
Eloy Sánchez Rosillo