…Dicono che c'è un tempo per seminare e uno più lungo per aspettare… io dico che c'era un tempo sognato che bisognava sognare.

...solo un sogno, un'emozione...una nuvola...solo un alito di vento che ti sfiora, solo l'eco dei tuoi passi nella sera...

sabato 26 novembre 2016

Un mondiale nomadismo è cominciato nel buio

Un mondiale nomadismo è cominciato nel buio: 
sono gli alberi che vagano sulla terra notturna.
Sono i grappoli che fermentano in vino dorato, 
sono le stelle che di casa in casa peregrinano,
sono i fiumi che il cammino cominciano a ritroso!
E io ho voglia di venire da te sul petto – a dormire.
 Marina Cvetaeva - 14 gennaio 1917

Dissi

Dissi:
do inizio alla stagione dei ragni,
strofinano le zampe al velluto del sole,
sussurra ai miei piedi, o selvatica semente,
borbottami all’orecchio le tue orazioni funebri, o tuono,
fulmine
che giungi nei piedi di un bimbo
e nei merletti del vento si dipinge il terrore.
...un’ombra colpisce le steppe delle mie viscere,
non ho armi tranne il battito che gorgoglia nella propria acqua,
un tempio mi demolisce dicendo di essere la mia eco,
sono frastornato da un volto che dice di essere l’altro mio
volto.
Dissi:
la nostalgia è in agonia e il desiderio è un letto di fumo.
Dico:
scendi, o notte, dai tuoi cavalli, viola il sole delle
mie parole,
io sono la voce che improvvisa lo spazio,
io sono la pietra vagante che nella pietra si ancora.
Dico:
fa’ che mi crescano le piume, o folle amore, umanizzami, rinnovami, marcami,
e voi, cose ignote, vagate dentro di me più dolci dell’illusione,
e contro la forma e il suo contrario implorate la forma e il suo
contrario,
così t’assaporo,
infiammato dalle mie tentazioni,
immerso nello stupore della seduzione
i miei giorni ondeggiano in un palanchino,
simbolo dopo simbolo.
Grido:
la mia illusione vaga,
il mio significato si amplia
e la lontananza mi uccide.
Adonis

lunedì 14 novembre 2016

...

Invece io mi sono smarrito in un sogno cercando qualcosa che non esiste.

Gabriel García Márquez, Il generale nel suo labirinto

domenica 13 novembre 2016

Come luce

Come luce che mi sveglia prima
del mattino, senza rumore né peso
il solco dentro il ricordo, acqua lontana
dalle mie dita sulla tua pelle di ieri.
Fresco, rotondo come una mela
acerba, l'amore orma di noi calda
nell'ombra, quando mi levo mi slego, guardo
guardando senza vederlo, il mondo.
 Pierluigi Cappello

Il risveglio

Entra la luce e salgo goffamente
dai sogni fino al sogno condiviso
e le cose riprendono il dovuto
e atteso loro poso, e nel presente
converge soverchiante e vasto il vago
ieri: le secolari migrazioni
dell'uccello e dell'uomo, le legioni
che il ferro dilaniò, Roma e Cartagine.
Ritorna anche la quotidiana storia:
la mia angoscia, il mio viso, la mia sorte.
Ah se quell'altro risveglio, la morte,
mi riservasse un tempo senza memoria
del mio nome e di ciò che sono stato!
Se in quel mattino ci fosse anche oblio.
Jorge Luis Borges

Incontro

Dubiti Amore Mio?
Temi forse che la mia timidezza
che viene dall’Amore, io non so come, sia
indifferenza.. NO.. ah, non pensarlo!
Io non ho l’osare ne’ l’ardore
di certe donne, tremo di me stessa
e del mio amore, e non lo so perchè….
Ma ti amo…
Se ti amo perchè dubiti di me?
Ah Faust, se le parole
possono portare in sè l’anima,
se l’amore questo amore come io lo sento,
lo si può dire senza tentennamenti,
se quello che sento nell’animo a vederti
nell’avvertire i tuoi passi, nel pensare
a te, amore, a te; se gli sguardi, i baci
possono palesare l’amore, tutto l’amore:
devi credere che le mie parole, i miei baci,
il mio sguardo hanno quell’amore.
Se non riesco a gridare:
amore, amore, ardentemente e smisuratamente,
con la voce in fuoco,
è perchè dentro di me nasce un pudore
di dirlo troppo forte. (ma non credere
che sia perchè ti amo poco, che invece
è l’amarti molto, così come ti amo)
Se non lo faccio, non dubitare, no..
E più non so dire; non l’ho imparato,
perchè l’amore non parla, non può
raccontare se stesso, chè non sarebbe
amore, o almeno questo amore che sento.
Non so, non so dirtelo… Non dubitare!
Forse fredda sembro agli occhi tuoi;
ma non dubitare che soffra molto, molto
perchè tu dubiti.
Fernando Pessoa

giovedì 10 novembre 2016

Non aver paura, sono io

Non senti
che su te m’infrango con tutti i sensi?
Ha messo ali il mio cuore
e ora vola candido attorno al tuo viso.
Non vedi la mia anima innanzi a te
adorna di silenzio?
E la mia preghiera di maggio
non matura al tuo sguardo come su un albero?
Se sogni, sono il tuo sogno
ma se sei desto sono il tuo volere;
padrone d’ogni splendore
m’inarco, silenzio stellato,
sulla bizzarra città del tempo.
 Rainer Maria Rilke

Ogni cosa a suo tempo ha il suo tempo

Ogni cosa a suo tempo ha il suo tempo.
Non fioriscono d’inverno gli albereti
né di primavera
mostrano brinate i campi.
Alla notte che entra non appartiene, Lidia,
lo stesso ardore che il giorno ci chiedeva.
Amiamo con più calma
la nostra incerta vita.
Accanto al fuoco, stanchi non dell’opra,
ma perché l’ora è ora di stanchezze,
non alziamo la voce
sopra un segreto,
e casuali, siano interrotti
i nostri verbi di reminescenza
(non ad altro ci serve
la nera partenza del sole).
A poco a poco il passato ricordiamo,
e le storie narrate nel passato,
ora due volte
storie, ci parlino
dei fiori che nella nostra andata infanzia
con altra coscienza coglievamo
e con un’altra specie
di sguardo dato al mondo.
E così, Lidia, stando al fuoco, come stanno
gli dèi Lari, là nell’eternità
come chi ripone un vestito
riponiamo il già stato.
In questa irrequietezza che la calma
porta alle vite nostre quando pensiamo solo
a quello che già fummo,
e c’è solo notte, fuori.
Ricardo Reis (Fernando Pessoa) da “Odi”

La notte e l'anima

In grembo alla notte nevosa, d'argento, immensa si stende dormendo, ogni cosa. Solo una eterna sofferenza è desta
dentro l'anima mia.
E mi domandi perché mai si tace
l'anima mia, senza versarsi in grembo
alla notte che sogna?
Colma di me, traboccherebbe tutta
a spegnere le stelle.
Rainer Maria Rilke

domenica 6 novembre 2016

Mimmo Locasciulli - Come viviamo questa età


Le onde

Se tutti i gabbiani di questa riva
Volessero unire le loro ali
E formare l’aereo o la barca
Che potessero portarmi verso altre spiagge…
Sotto la notte enigmatica e spessa
Viaggeremo sfiorando le acque.
Con un urlo di trionfo e d’approdo
I miei gabbiani saluterebbero l’alba.
In piedi sulla terra sconosciuta
Io tenderei le mani al nuovo sole
Come se fossero due ali appena nate.
Due ali con cui si dovrebbe ascendere
Fino a una nuova vita!
Juana de Ibarbourou

Fiorella Mannoia - Combattente


sabato 5 novembre 2016

Sulle scale

Come scendendo quella scala turpe,
entravi dalla porta, e per un attimo
vidi il tuo viso ignoto e mi vedesti.
Poi mi celai perché non mi vedessi ancora, e tu
passasti rapido celando il viso
e t'immergesti nella casa turpe, ove il piacere
non avresti trovato, com'io non lo trovai.

L'amore che volevi, io l'avevo da darti;
l'amore che volevo – gli occhi me lo dissero
stanchi e ambigui – l'avevi tu, da darmi.
Si sentirono, i corpi. Si cercavano.
Sangue e pelle capirono.

Pure, turbati, ci celammo entrambi.
Costantino Kavafis

Lesbo

Perversità in cucina!
Sibila il bollitore.
È tutto un Hollywood, senza finestre,
la luce fluorescente ha crampi d'emicrania,
al posto delle porte pudiche strisce di carta -
tendine finte di scena, una frangetta da vedova.
E io sono, amor mio, una bugiarda patologica,
e la mia bambina - eccola, a faccia in giù sul pavimento,
marionetta senza più fili che scalcia per sparire -
è proprio schizofrenica,
panico è la sua faccia rossa e bianca,
le hai sbattuto i gattini fuori dalla finestra
in una specie di pozzo di cemento
dove lei non li sente che cacano e vomitano e frignano.
Tu dici che non la sopporti,
bastarda di una bambina.
Tu che hai bruciato le tue valvole come una radio di scarto,
libera da voci e da storia, i rumori
di disturbo del nuovo.
Dici che quei gattini dovrei affogarli. Che puzza!
E affogare anche la bambina.
Se è matta a due anni, a dieci si taglia la gola.
Il pupo sorride, lumacone paffuto,
dalle nostre losanghe del linoleum arancione.
Roba da mangiarselo. È un maschio.
Dici che tuo marito non vale un fico secco.
La sua mammona ebrea gli sta di guardia al sesso come a una perla.
Tu hai un bambino, io ne ho due.
Seduta su uno scoglio in Cornovaglia dovrei pettinarmi le chiome.
Vestirmi da tigre. Avere una relazione.
Dovremmo incontrarci nell'aria, in altra vita e situazione,
io e te.
Intanto c'è un fetore di grasso e cacca d'infante.
Io sono drogata e intontita dall'ultimo tranquillante.
Fumo di pentole, fumo d'inferno,
sommerge le nostre teste, due opposti velenosi,
le nostre ossa, i capelli.
Ti chiami Orfana, orfana. Stai male.
Il sole ti dà piaghe, il vento tbc.
Com'eri bella un dì.
A Hollywood, a New York, ti dicevano gli uomini: "ehi pupa
Sei uno schianto! Sei venuta?"
Tu fingevi, fingevi, per dargli il nonsocché.
L'impotente marito si avvia fuori al caffè.
Tento di farlo restare,
vecchio parafulmine da parare
i bagni d'acido, i cieli in piena riversatisi da te.
Greve lui scende il pendìo di plastica acciottolato,
scassato tram che manda scintille blu.
Le scintille piovono giù
In milioni di pezzetti come quarzo frantumato.
O gioia! O tesoro!
Quella notte la luna
Trainava il suo sacco di sangue, stracco
Animale
Sopra le luci della laguna.
E poi diventò normale,
dura e netta e bianca.
Il luccichio di scaglie sulla sabbia m'impauriva da morire.
Ne prendemmo a manciate, l'amavamo,
plasmandola come pasta, un corpo di mulatto,
in seriche focaccine.
Un cane si attaccò a quel poveraccio
Di tuo marito, e lui tirò avanti.
Ora taccio, tutta odio,
fino al collo, fin qui,
d'uno spessore così.
Come vestiti buoni impacco le dure patate.
Impacco i bambini.
Impacco i gattini malati.
O vaso di acido,
tu sei colma d'amore. E lo sai chi tu odi.
Con la sua palla al piede lui va al cancello
Che dà sul mare
E il mare ci va dentro, bianco e nero,
e il cancello lo risputa intero.
Riempi lui ogni giorno di spiritualità
Come una brocca. E non ce la fai più.
La tua voce è un mio orecchino,
sbatte e succhia, sanguinario pipistrello.
È proprio quello. È quello.
Tu sbirci, stanca ciabatta,
dalla porta. "Ogni donna è una vacca.
Comunicar non si può."
Vedo tutto il tuo lindo perbenino
Che ti si chiude addosso come un pugno di bambino
O un anemone, quello spasimante
Del mare, quel cleptomane.
Io sono ancora cruda.
Ma ti dico che forse tornerò.
Lo sai bene a che servono le bugie.
Nemmeno nel tuo cielo Zen t'incontrerò.
Sylvia Plath

All'alba

Come la donna affonda e dice vieni
dentro più dentro dov'è largo il mare
Come la donna è calda e dice vieni
dentro più dentro dov'è caldo il pane
E dirla noi vorremo mare pane
la donna sfatta che ci prese all'alba
dentro il suo petto e ci nutrì di sonno.
Alfonso Gatto