…Dicono che c'è un tempo per seminare e uno più lungo per aspettare… io dico che c'era un tempo sognato che bisognava sognare.

...solo un sogno, un'emozione...una nuvola...solo un alito di vento che ti sfiora, solo l'eco dei tuoi passi nella sera...
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lunedì 8 agosto 2016

Guardiana

Il sole che cala. I tappeti erbosi in fiamme.
Il giorno perso, la luce persa.
Perché amo quel che svanisce?
Tu che te ne sei andata, che te ne stavi andando,
che stanze di tenebra abiti?
Guardiana della mia morte,
preserva la mia assenza. Sono vivo.
Mark Strand

martedì 9 dicembre 2014

Tenendo le cose assieme

In un campo
io sono l’assenza
di campo.
Questo è
sempre opportuno.
Dovunque sono
io sono ciò che manca.

Quando cammino
divido l’aria
e sempre
l’aria si fa avanti
per riempire gli spazi
che il mio corpo occupava.

Tutti abbiamo delle ragioni
per muoverci
io mi muovo
per tenere assieme le cose.

Mark Strand

lunedì 19 maggio 2014

Il mio nome

Una sera che il prato era verde oro e gli alberi,
marmo venato alla luna, si ergevano come nuovi mausolei
di strida e brusii di insetti, io stavo sdraiato sull’erba,
ad ascoltare le immense distanze aprirsi su di me, e mi chiedevo
cosa sarei diventato e dove mi sarei trovato,
e quanto a malapena esistessi, per un attimo sentii
che il cielo vasto e affollato di stelle era mio, e udii
il mio nome come per la prima volta, lo udii
come si sente il vento o la pioggia, ma flebile e distante
come se appartenesse non a me ma al silenzio
dal quale era venuto e al quale sarebbe tornato.
Mark Strand
Da  L’uomo che cammina a un passo avanti al buio Poesie 1964-2006
Una sera che il prato era verde oro e gli alberi,
marmo venato alla luna, si ergevano come nuovi mausolei
di strida e brusii di insetti, io stavo sdraiato sull’erba,
ad ascoltare le immense distanze aprirsi su di me, e mi chiedevo
cosa sarei diventato e dove mi sarei trovato,
e quanto a malapena esistessi, per un attimo sentii
che il cielo vasto e affollato di stelle era mio, e udii
il mio nome come per la prima volta, lo udii
come si sente il vento o la pioggia, ma flebile e distante
come se appartenesse non a me ma al silenzio
dal quale era venuto e al quale sarebbe tornato.
Da: L’uomo che cammina a un passo avanti al buio Poesie 1964-2006 di Mark Strand
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giovedì 7 novembre 2013

Saluti affettuosi

Quando li vedi  
di’ loro che io ci sono ancora,
che mi reggo su una gamba mentre l’altra sogna,
che solo così si può fare,
che le bugie che dico loro sono diverse
da quelle che dico a me stesso,
che con lo stare sia qui che oltre
mi sto facendo l’orizzonte,
che come il sole si leva e cala io conosco il mio posto,
che è il respiro a salvarmi,
che persino le sillabe forzate del declino sono respiro,
che se il corpo è bara è anche madia di respiro,
che il respiro è uno specchio offuscato da parole,
che solo il respiro sopravvive al grido d’ aiuto
quando penetra l’orecchio dell’estraneo  
e permane ben oltre la scomparsa del verbo,
che il respiro è di nuovo l’inizio, che da esso
si stacca ogni resistenza, come il significato si stacca
dalla vita, o il buio si stacca dalla luce,  
che il respiro è ciò che do loro quando mando saluti affettuosi.  
Mark Strand

mercoledì 24 luglio 2013

Tenendo le cose assieme

In un campo
io sono l'assenza
di campo.
Questo è
sempre opportuno.
Dovunque sono
io sono ciò che manca.

Quando cammino
divido l'aria
e sempre
l'aria si fa avanti
per riempire gli spazi
che il mio corpo occupava.

Tutti abbiamo delle ragioni
per muoverci
io mi muovo
per tenere assieme le cose. 
Mark Strand

Dal lungo party triste

Qualcuno stava dicendo
qualcosa riguardo ombre che coprono il campo, riguardo
lo scorrere dell'esistenza, di come ci si addormenti verso il mattino
ed il mattino passi.

Qualcuno stava dicendo
di come il vento muoia ma poi ritorni,
di come le conchiglie siano le bare del vento
ma il tempo continui.

Era una lunga notte
e qualcuno disse qualcosa riguardo a come la luna perdeva il suo
bianco
sul freddo campo, come non ci fosse nulla davanti a noi
oltre le solite cose.

Qualcuno menzionò
una citta in cui era stata prima della guerra, una stanza con due
candele
contro un muro, qualcuno che danzava, qualcuno che guardava.
Cominciamo a credere

che la notte non avrebbe avuto termine.
Qualcuno stava dicendo che la musica era finita e nessuno
se n'era accorto.
Allora qualcuno disse qualcosa riguardo i pianeti, riguardo le
stelle,
di quanto fossero piccole, quanto fossero lontane. 
Mark Strand

lunedì 18 marzo 2013

Qualcuno stava dicendo

Qualcuno stava dicendo
qualcosa riguardo ombre che coprono il campo, riguardo
lo scorrere dell'esistenza, di come ci si addormenti verso il mattino
ed il mattino passi.

Qualcuno stava dicendo
di come il vento muoia ma poi ritorni,
di come le conchiglie siano le bare del vento
ma il tempo continui.

Era una lunga notte
e qualcuno disse qualcosa riguardo a come la luna perdeva il suo
bianco
sul freddo campo, come non ci fosse nulla davanti a noi
oltre le solite cose.

Qualcuno menzionò
una citta in cui era stata prima della guerra, una stanza con due
candele
contro un muro, qualcuno che danzava, qualcuno che guardava.
Cominciamo a credere

che la notte non avrebbe avuto termine.
Qualcuno stava dicendo che la musica era finita e nessuno
se n'era accorto.
Allora qualcuno disse qualcosa riguardo i pianeti, riguardo le
stelle,
di quanto fossero piccole, quanto fossero lontane. 
Mark Strand

Dal lungo party triste (da "The Late Hour")

 

giovedì 29 novembre 2012

La compiutezza delle cose



In un prato
io sono l'assenza
del prato.
E' sempre così.
Ovunque io sia
sono ciò che manca.
Quando cammino
fendo l'aria
e sempre l'aria rifluisce
a colmare gli spazi
in cui è stato il mio corpo.
Tutti abbiamo motivi
per muoverci.
Io mi muovo
per preservare
la compiutezza delle cose.
Mark Strand

giovedì 6 settembre 2012

Per lei

Potrebbe essere ovunque
una notte qualsiasi a tua scelta,
nella tua camera vuota e buia
o per strada
o su quelle tenui frontiere
che scorgi a malapena, a malapena sogni.
Non proverai alcun desiderio,
niente ti metterà in guardia,
non un vento improvviso, non l’immobilità dell’aria.
Lei apparirà,
l’aspetto di una donna che conoscevi:
l’amica che ha buttato via la vita,
la ragazza seduta all’ombra della palma.
I bracciali le brilleranno,
diverranno le luci
di un paese cui volgesti le spalle anni fa.
Mark Strand

mercoledì 21 marzo 2012

Respiro

Quando li vedi
di’ loro che io ci sono ancora,
che mi reggo su una gamba mentre l’altra sogna,
che solo così si può fare,
che le bugie che dico loro sono diverse
da quelle che dico a me stesso,
che con lo stare sia qui che oltre
mi sto facendo l’orizzonte,
che come il sole si leva e cala io conosco il mio posto,
che è il respiro a salvarmi,
che persino le sillabe forzate del declino sono respiro,
che se il corpo è bara è anche madia di respiro,
che il respiro è uno specchio offuscato da parole,
che solo il respiro sopravvive al grido d’ aiuto
quando penetra l’orecchio dell’estraneo
e permane ben oltre la scomparsa del verbo,
che il respiro è di nuovo l’inizio, che da esso
si stacca ogni resistenza, come il significato si stacca
dalla vita, o il buio si stacca dalla luce,
che il respiro è ciò che do loro quando mando saluti affettuosi.
Mark Strand

martedì 20 marzo 2012

Poesia

Si intrufola dalla porta di servizio,
di soppiatto oltrepassa la cucina,
il salotto, l’ingresso,
sale le scale ed entra
in camera. Si china
sul mio letto e dice che è venuto
a uccidermi. Il lavoro
lo svolgerà a stadi.
Prima verranno spuntate
le unghie, poi le dita
dei piedi eccetera fino a che
nulla resti di me.
Stacca un minuscolo attrezzo
dal portachiavi, e attacca.
Sento Il lago dei cigni dallo stereo
di un vicino e canticchio.
Quanto tempo trascorra
non so dire. Ma quando torno in me
lo sento dire che è arrivato al collo
e che non è in grado di continuare
perché è stanco. Gli dico
che ha fatto abbastanza,
che dovrebbe rincasare, riposare.
Mi ringrazia e se ne va.
Mi sorprende sempre
come si accontenta facilmente
certa gente.
Mark Strand - da Sleeping with One Eye Open (1964)

Corteggiamento

Una ragazza ti piace e tu le dici
che hai l’uccello bello grosso, ma che non sai convincerti
a usarlo. Ha pretese ridicole, dici,
perfino autolesionistiche, ma in qualche modo da soddisfare,
fugacemente, come niente fosse, al buio.
Quando lei chiude gli occhi orripilata,
ritratti tutto. Le dici che sei quasi
una ragazza anche tu e che capisci perché è scioccata.
Quando sta per andarsene, le dici
che l’uccello non ce l’hai, che non sai
cosa ti ha preso. Cadi in ginocchio.
Lei d’improvviso si china a baciarti la spalla e tu capisci
di essere sulla strada giusta. Le dici che vuoi
partorire dei figli e che per questo sembri confuso.
Aggrotti le sopracciglia e maledici il giorno in cui sei nato.
Lei cerca di calmarti, ma tu vai fuori di testa.
Allunghi le mani verso le sue mutandine e nel farlo implori perdono.
Lei si divincola, tu ululi come un lupo. Il tuo desiderio
sembra monumentale. Capisci che l’avrai.
Conquistata d’assalto, e lei la ragazza che sposerai.
Mark Strand, Darker (1970)

mercoledì 14 marzo 2012

La notte, la veranda

Fissare il nulla è imparare a memoria
quello in cui noi tutti verremo spazzati, e spogliarsi
al vento è sentire l'inafferrabile "qualche luogo" farsi vicino.
Le piante possono piegarsi o stare ferme. Il giorno o la notte possono essere quello che vogliono.
Quello che desiderano, più che una stagione o un clima, è la consolazione
di essere estranei, almeno a noi stessi. Questo è il nocciolo
della questione, ed è il motivo per cui anche adesso pare che aspettiamo
qualcosa la cui apparizione sarebbe il suo svanire -
Il rumore, ad esempio, di qualche foglia che cade, o una foglia sola,
o meno. Non c'è fine a quanto possiamo imparare. Il libro laggiù
non dice di più, e non è stato affatto scritto con in mente noi.
Mark Strand

lunedì 6 febbraio 2012

Cos'era

 I
Era impossibile da immaginare, impossibile
da non immaginare; la sua azzurrezza, l'ombra che lasciava,
che cadeva, riempiva l'oscurità del proprio freddo,
il suo freddo che cadeva fuori da se stesso, fuori da qualsiasi idea
di sé descrivesse nel cadere; un qualcosa, una minuzia,
una macchia, un punto, un punto in un punto, un abisso infinito
di minuzia; una canzone, ma meno di una canzone, qualcosa che
affoga in sé, qualcosa che va, un'alluvione di suono, ma meno
di un suono; la sua fine, il suo vuoto,
il suo tenero, piccolo vuoto che colma la sua eco, e cade,
e si alza, inavvertito, e cade ancora, e così sempre,
e sempre perché, e solo perché, essendo stato, era...


II
Era l'inizio di una sedia;
era il divano grigio; era i muri,
il giardino, la strada di ghiaia; era il modo in cui
i ruderi di luna le crollavano sulla chioma.
Era quello, ed era altro ancora; era il vento che azzannava
gli alberi; era la congerie confusa di nubi, la bava
di stelle sulla riva. Era l'ora che pareva dire
che se sapevi in che punto esatto del tempo si era, non avresti
mai più chiesto nulla. Era quello. Senz'altro era quello.
Era anche l'evento mai avvenuto – un momento tanto pieno
che quando se ne andò, come doveva, nessun dolore riusciva
a contenerlo. Era la stanza che pareva la stessa
dopo tanti anni. Era quello. Era il cappello
dimenticato da lei, la penna che lei lasciò sul tavolo.
Era il sole sulla mia mano. Era il caldo del sole. Era come
sedevo, come attendevo per ore, per giorni. Era quello. Solo quello.
Mark Strand

mercoledì 25 gennaio 2012

Mappe nere

Non la platea di pietre
né il vento che applaude
ti faranno capire
che sei arrivato,
non il mare che celebra
solo le partenze,
non le montagne,
né città morenti.
Niente ti dirà
dove sei.
Ogni attimo è un posto
dove non sei mai stato.
Puoi camminare
e credere di emanare
la luce intorno a te.
Ma come farai a saperlo?
Il presente è sempre buio.
Le sue mappe sono nere,
escono dal nulla,
descrivono,
nel loro silente salire
dentro se stesse,
il proprio viaggio,
il proprio vuoto,
la fosca, sobria
necessità di completarlo.
Mentre vengono in essere
sono come il respiro.
E se pure le studi
è solo per scoprire,
troppo tardi, che quelli che
ritenevi fatti tuoi,
non esistono.
La tua casa non c'è
su nessuna di quelle mappe,
né ci sono gli amici,
che aspettano che ti faccia vivo,
né i tuoi nemici,
che elencano le tue mancanze.
Ci sei solo tu,
e saluti
ciò che sarai,
e l'erba nera
sostiene stelle nere.
Mark Strand

domenica 22 gennaio 2012

La Luna

Apri il libro della sera alla pagina
in cui la luna, la luna sempre, appare
tra due nuvole, spostandosi così piano che parrà
siano trascorse ore prima che tu giunga alla pagina seguente
dove la luna, ora più luminosa, fa scendere un sentiero
per condurti via da ciò che hai conosciuto
entro i luoghi in cui quello che ti eri augurato s’avvera,
la sua sillaba solitaria come una frase sospesa
sull’orlo del significato, in attesa che tu ne dica il nome
una volta ancora mentre alzi gli occhi dalla pagina
e chiudi il libro, sentendo ancora com’era
soffermarsi in quella luce, quell’improvviso paradiso di suono.
Mark Strand

Mare nero

Una notte chiara, mentre gli altri dormivano, ho salito
le scale fino al tetto della casa e sotto un cielo
fitto di stelle ho scrutato il mare, la sua distesa,
il moto delle sue creste spazzate dal vento, divenire
come pezzi di trina gettati in aria. Sono rimasto nella lunga
notte piena di sussurri, aspettando qualcosa, un segno, l’avvicinarsi
di una luce lontana, e ho immaginato che tu venivi vicino,
le onde scure dei tuoi capelli mescolarsi col mare,
e l’oscurità è divenuta desiderio, e desiderio la luce che approssimava.
La vicinanza, il calore momentaneo di te mentre rimanevo
su quell’altezza solitaria guardando il lento gonfiarsi del mare
rompersi sulla riva e in breve mutare in vetro e scomparire…
Perché ho creduto che saresti venuta uscita dal nulla? Perché con tutto
quello che il mondo offre saresti venuta solo perché io ero qui?
Mark Strand

Se un uomo

1) se un uomo capisce una poesia,
avrà dei problemi.
2) Se un uomo vive insieme ad una poesia,
morirà solo.
3) Se un uomo vive insieme a due poesie,
ne tradirà una.
4) Se un uomo concepisce una poesia,
avrà un figlio in meno.
5) Se un uomo concepisce due poesie,
avrà due figli in meno.
12) Se un uomo si vanta delle sue poesie,
verrà amato dagli stolti.
18) Se un uomo lascia che le sue poesie vadano in giro nude,
avrà paura della morte.
19) Se un uomo ha paura della morte,
verrà salvato dalle sue poesie.
20) Se un uomo non ha paura della morte,
le sue poesie forse lo salveranno forse no.
21) Se un uomo finisce una poesia,
si immergerà nella scia bianca della propria passione
e verrà baciato dalla pagina bianca.
Mark Strand (1970)

sabato 21 gennaio 2012

Mangiare poesia

Cola inchiostro dagli angoli della mia bocca.
Non c'è felicità pari alla mia.
Ho mangiato poesia.
La bibliotecaria non crede ai suoi occhi.
Ha gli occhi tristi
e cammina con le mani chiuse nel vestito.
Le poesie sono scomparse.
La luce è fioca.
I cani sono sulle scale dello scantinato, stanno salendo.
Gli occhi ruotano le orbite,
le zampe chiare bruciano come stoppia.
La povera bibliotecaria comincia a battere i piedi e a piangere.
Non capisce.
Quando mi inginocchio e le lecco la mano,
urla.
Sono un uomo nuovo.
Le ringhio, abbaio.
Scodinzolo di gioia nel buio libresco.
Mark Strand