…Dicono che c'è un tempo per seminare e uno più lungo per aspettare… io dico che c'era un tempo sognato che bisognava sognare.

...solo un sogno, un'emozione...una nuvola...solo un alito di vento che ti sfiora, solo l'eco dei tuoi passi nella sera...

mercoledì 26 giugno 2013

Per così dire, auguravo loro...

Per così dire, auguravo loro tutto il bene del mondo, come ai personaggi di un romanzo o di un film dei quali si prendono le parti sin dall’inizio, ben sapendo che qualcosa di brutto accadrà loro, che qualcosa andrà storto a un certo punto, altrimenti non ci sarebbe romanzo né film. Nella vita reale, tuttavia, non per forza doveva andare in quel modo e io speravo di continuare a vederli ogni mattina così com’erano, senza scoprirli un giorno con disinteresse unilaterale o vicendevole e senza sapere cosa dirsi, impazienti di separarsi, con un atteggiamento d’irritazione reciproca o d’indifferenza. Erano il breve e modesto spettacolo che mi metteva di buonumore prima di entrare nella casa editrice e litigare con il mio capo megalomane e con i suoi fastidiosi autori. Se Luisa e Desvern si assentavano per qualche giorno, ne sentivo la mancanza e affrontavo la mia giornata con più fastidio. In qualche misura mi sentivo in debito con loro, perché, senza saperlo e senza volere, mi aiutavano giorno dopo giorno e mi permettevano di fantasticare sulla loro vita che mi appariva senza macchia, tanto che mi rallegravo di non potermi informare né di verificare nulla al riguardo, e così non uscire dal mio incanto passeggero (la mia aveva molte macchie, e la verità è che non tornavo a ricordarmi di loro fino al mattino seguente, mentre maledicevo sull’autobus di aver tirato tardi, che mi uccide). Io avrei desiderato offrire loro qualcosa di simile, ma non era così. Loro non avevano bisogno di me, e probabilmente di nessun altro, io ero quasi invisibile, cancellata dalla loro contentezza. Soltanto un paio di volte, mentre lui andava via, e dopo aver dato il consueto bacio sulle labbra a Luisa – lei non aspettava mai quel bacio seduta, ma si alzava in piedi per ricambiarlo –, mi rivolse un lieve cenno con il capo, quasi un inchino, dopo aver allungato il collo e sollevato la mano a mezz’aria per accomiatarsi dai camerieri, come se io fossi uno di loro, ma al femminile. La moglie, osservatrice, mi rivolse un gesto simile quando me ne andai – sempre dopo di lui e prima di lei – le stesse due volte in cui suo marito aveva mostrato quella cortesia.
Javier Marías - Gli innamoramenti

Nessun commento: