…Dicono che c'è un tempo per seminare e uno più lungo per aspettare… io dico che c'era un tempo sognato che bisognava sognare.

...solo un sogno, un'emozione...una nuvola...solo un alito di vento che ti sfiora, solo l'eco dei tuoi passi nella sera...

venerdì 20 aprile 2012

Le passanti

Voglio dedicare questa poesia
A tutte le donne amate
Per qualche istante segreto.
A quelle conosciute appena,
Che un destino diverso porta via
E che non si ritrovano più.
A quella che si vede apparire
Per un secondo alla finestra
E che, rapida, scompare via,
Però la sua sagoma snella
È tanto graziosa e sottile
Da rimanerne rasserenato.
Alla compagna di viaggio,
I cui occhi, affascinante paesaggio
Fan sembrare breve il cammino
E che si è il solo, forse, a capire
Ma che, però, si lascia scendere
Senza averle sfiorato la mano.
All'esile e leggera ballerina di walzer
Che vi è parsa così triste e nervosa
In una notte di carnevale,
Che è voluta rimanere ignota
E che non è più ritornata
A volteggiare in un altro ballo.
A quelle che sono già prese
E che vivendo delle ore grigie
Accanto a uno ormai troppo diverso
Vi hanno, inutile follia,
Fatto vedere la malinconia
D'un avvenire disperante.
A quelle timide innamorate
Che sono restate in silenzio
E che ancora vi rimpiangono,
A quelle che se ne sono andate
Lontane da voi, tristi, abbandonate,
Vittime d'uno stupido orgoglio.
Immagini care appena scorte,
Speranze d'un giorno deluse,
Domani sarete nell'oblio
Per quel poco di felicità che sopravvenga
E' raro che ci si ricordi
Degli episodi del cammino.
Ma se la vita è andata male,
Si pensa con un po' di rimpianto
A tutte quelle felicità intraviste,
Ai baci che non si osò prendere,
Ai cuori che forse vi attendono,
Agli occhi mai più rivisti
Allora, nelle sere di stanchezza
Mentre si popola la propria solitudine
Di fantasmi del ricordo
Si piangono le labbra assenti
Di tutte quelle belle passanti
Che non si è saputo trattenere.
Antoine Pol

Per quanto riguarda la canzone le Passanti, De André si ispirò a Brassens che registrò la canzone nel 1972. Ma le parole della canzone non sono di Georges Brassens, si tratta infatti di una poesia di Antoine Pol, un poeta fino a quel momento sconosciuto. Brassens aveva trovato questa poesia e se ne era innamorato così chiese a Pol di poterla mettere in musica, e lui acconsentì.
Inoltre, visto che Brassens voleva incontrarlo di persona, i due fissarono un appuntamento per un mese più tardi.
Ma Antoine Pol, che all' epoca dei fatti aveva 85 anni, morì di vecchiaia una settimana prima della data del loro incontro. Uno dei più grandi rimpianti di Brassens sarà proprio quello di non aver conosciuto quest' uomo.
Pol era nato a Douai nel 1888 e morì nel 1971, fu un capitano d' artiglieria e poi lavorò in una miniera di carbone a La Houvre, vicino Strasburgo, fino al 1945 quando divenne presidente della Confederazione francese degli importatori di Carbone.
Al suo pensionamento, si dedicò alle sue vere passioni ed in particolare alla poesia.
"Les passantes" è tratta dalla sua raccolta "Emotions poétiques, del 1918.
La traduzione di De André è molto fedele all' originale se non superiore in alcune parti.
Nel panorame sentimentale di De André, Le passanti occupa un posto fondamentale. E' il luogo poetico in cui vengono perfettamente riassunti gli elementi focali della sua concezione dell'amore, e cioé l'amor crudele, la nostalgia del passato, l'amore-disamore. Le passanti è il canto lento che gira intorno a ciò che non abbiamo mai avuto; è lo struggimento per una felicità intravista ma mai raggiunta; la canzone che si canta quando ormai il rimpianto è diventato un'abitudine. Il solo amore che non si consuma, ci dice il genovese con le parole tradotte di Antoine Pol, è quello per il volto scomparso, che torna alla memoria quando si è rimasti soli.
Tra la sofferta contraddizione dell'incontro e la convinzione che è sempre meglio lasciarsi che non essersi mai incontrati, Le passanti è lì a rammentarci che il desiderio corteggia quasi sempre l'assenza.

1 commento:

antarta ha detto...

À une passante

La rue assourdissante autour de moi hurlait.
Longue, mince, en grand deuil,
douleur majestueuse,
Une femme passa, d’une main fastueuse
Soulevant, balançant le feston et l’ourlet;
Agile et noble, avec sa jambe de statue.
Moi, je buvais, crispé comme un extravagant,
Dans son œil, ciel livide où germe l’ouragan,
La douceur qui fascine et le plaisir qui tue.
Un éclair... puis la nuit! - Fugitive beauté
Dont le regard m’a fait soudainement renaître,
Ne te verrai-je plus que dans l’éternité ?
Ailleurs, bien loin d’ici ! trop tard!
jamais peut-être!
Car j’ignore où tu fuis, tu ne sais où je vais,
O toi que j’eusse aimée, ô toi qui le savais!

--Charles Baudelaire