…Dicono che c'è un tempo per seminare e uno più lungo per aspettare… io dico che c'era un tempo sognato che bisognava sognare.

...solo un sogno, un'emozione...una nuvola...solo un alito di vento che ti sfiora, solo l'eco dei tuoi passi nella sera...
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domenica 4 dicembre 2016

Salvami

I miei occhi, chiamati dal tuo corpo,
della sua bellezza avvisano, ampio torso devastano,
e negli stretti fianchi si fermano storditi.
Senza indulgenza alcuna al labbro famelico mostrano
di ciliegie mordenti il seme,
e quando nelle mie dita il più ardente sfiorare
la tua pelle predice, della ametista intrusa
e iridato capezzolo nella mia lingua confusa
il tocco ravviva.
Le feroci trafitte di un conturbante augurio
prova a lenire il mio non assalito ventre
ma è vana la battaglia di chi già è stato ferito.
E un abisso è il piacere, e la smania è pazzia,
il tuo nome invocato è amara estenuazione
e il tuo corpo imminente rigorosa misura
del mio inferno.
Da questo affanno insaziabile, dicono, mi salverai.
Ma è certo solo che febbrile aspetto,
e che posso morire prima che tu mi tocchi.
Ana Rossetti

sabato 30 aprile 2016

Fiori, frammenti del tuo corpo

Fiori, frammenti del tuo corpo;
a me reclamo la sua linfa.
Stringo tra le mie labbra
la lacerante verga del gladiolo.
Cucirei limoni al tuo torso,
le sue durissime punte nelle mie dita
come alti capezzoli di ragazza.
La mia lingua già conosce le più morbide strie del tuo orecchio
ed è una conchiglia.
Essa sa del tuo latte adolescente,
ed odora delle tue cosce.
Nelle mie cosce contengo i petali bagnati
dei fiori. Sono fiori frammenti del tuo corpo.
 
Ana Rossetti

lunedì 16 aprile 2012

Il giardino delle tue delizie

Fiori, frammenti del tuo corpo;
a me reclamo la sua linfa.
Stringo tra le mie labbra
la lacerante verga del gladiolo.
Cucirei limoni al tuo torso,
le sue durissime punte nelle mie dita
come alti capezzoli di ragazza.
La mia lingua già conosce le più morbide strie del tuo orecchio
ed è una conchiglia.
Essa sa del tuo latte adolescente,
ed odora delle tue cosce.
Nelle mie cosce contengo i petali bagnati
dei fiori. Sono fiori frammenti del tuo corpo.
Ana Rossetti

giovedì 1 marzo 2012

Come sarebbe essere te

Questo è l’enigma,
l’ansia travolgente
di conoscere il desiderio irresistibile
di gettare l’ancora in te,
di possederti.
Come sarebbe la perplessità di essere te,
il mistero, la malattia di essere te e sapere
Come sarebbe lo stupore di essere te, davvero te e
con i tuoi occhi vedermi.
Come sarebbe percepire che ti amo
Come sarebbe, essendo te, sentirmelo dire
E come sarebbe, allora, sentire quello che senti tu.
Ana Rossetti

martedì 7 febbraio 2012

Istigazione

Scappiamo, fuggiamo verso i complici
giorni dell'infanzia. Perdiamoci inermi
nelle intense vertigini della pelle ancora acerba.
Confusi, non trovando parole
per tanto stupore, daremo alle cose nuovi nomi
in una lingua segreta: come allora.
Perdiamoci nel grande incubo
della notte. Nei neri corridoi
dell'orrore proseguiamo fino a che non ci colga
-piegati sulle ginocchia- il fedele svenimento.
Vieni. Guardiamo in ogni serratura
che si apra a qualcosa di proibito,
con rito solenne uccidiamo le farfalle di vetro,
imbrattiamo la seta, strappiamo il tulle
che vela le magnolie,
e la disobbedienza sia nostro privilegio.
Ana Rossetti  
(Trad. natàlia castaldi, 2009)

Un giorno lungo una vita

Io e te nudi
in un giallo quadro di Van Gogh
tra le spighe di grano.
Rovesciare l’impotenza dell’amore
in fiumi di parole.
Nudi a parlare per ore,
fino al tramonto
e poi
la notte: in un orgia di stelle.
Sulla pelle
pensieri selvaggi
come cavalli corrono
cavalcano i nostri sentimenti
in un orgasmo di vita.
Pensa:
un
giorno, lungo
una
vita, intera.
Ana Rossetti

Ci fu un tempo

I
Ci fu un tempo,
tempo dell’invenzione e dell’errore,
in cui la solitudine era uno splendido e spaventoso
esilio, in cui cospirare contro la lezione che non
si voleva apprendere e spiare il mistero che si voleva
estorcere.
Era una grotta umida che imbrigliava la luce tra le felci,
era l’angolo dei castighi dove le lacrime nascoste
levavano, finalmente, la loro sovranità,
era l’incubo che soffiava imprigionato in un’alcova
sconosciuta,
o un cuore ripiegato nel suo nascondiglio che tramava
appuntamenti e vendette, ribellioni e segreti proibiti.
Era il tempo dell’infanzia e la solitudine accendeva il suo
bengala dietro lo scudo impenetrabile del silenzio.
E il punto ombroso dove riparava era solo
l’incantato rifugio al suo splendore irriducibile e glorioso.
II
Ci fu un tempo in cui l’amore era
un intruso temuto e atteso.
Uno sfiorare clandestino, premeditato, rielaborato
in insopportabili veglie.
Una confessione audace e confusa, corretta mille
volte, che mai sarebbe giunta al dovuto compimento.
Un’incessante e tirannica inquietudine.
Un galoppare repentino del cuore, ingovernabile.
Un continuo lottare contro la spietata precisione
degli specchi.
Un’intima difficoltà nel distinguere l’angoscia dal
piacere.
Era un tempo adolescente e indefinito, il tempo
dell’amore senza nome, quasi senza volto, che errava,
come un bacio promesso, lungo il punto più ombroso della
scala.
III
Ci fu un tempo
in cui il tempo non era fluire:
era una treccia di sabbia che si pettinava ininterrottamente.
I suoi tre capi si intrecciavano, si fondevano tra loro ben distinti
e inseparabili.
Niente si posponeva. Niente si anteponeva:
era un tempo predestinato da un singolare decreto, un’elica
che, girando, si annullava in una ruota invisibile
dentro il suo stesso bagliore.
Non era un’età né una condizione, era il tempo senza tempo
della felicità perfetta. Dell’accordo. Dell’immobile e sconfinata
durata dell’estasi.
Era il punto unico e misterioso in cui convergeva il tempo
della memoria, della profezia e degli angeli.
Ana Rossetti

A un giovane con il ventaglio

Che affascinante è la tua inesperienza.
La tua mano rozza, fedele persecutrice
di una grazia ardente che indovini
nel viavai penoso dell’allegro avambraccio.
Qualcuno cuce nel tuo sangue lustrini
affinché attraversi
le rotonde soglie del piacere
e provi contemporaneamente sdegno e seduzione.
In quel larvato gesto che rischi
si scorga tua madre, inclinata
nella grigia balaustra del ricordo.
Ed i tuoi occhi, attenti al paziente
ed indimenticabile esempio, si socchiuderanno.
Mentre, adorabile
e pericolosamente, ti allontanerai.
Ana Rossetti

sabato 7 gennaio 2012

Ed io...

Ed io, che in piccole particelle
sonnecchiavo nel fondo dei miei occhi
al momento affiorai.
E credo che egli mi vide.
Prima di tornare a sedimentarsi nel profondo, mi vide.
Apparvi come un cerchio che danza,
come una frangia di stoviglia,
e in ogni figura mi mostravo diversa.
Apparvi come un corteo di donne distinte,
ed il viso di ognuna era genuino.
Apparvi, e subito, svanii come un folletto.
Ma credo che egli mi vide.
Ed anche cosí volli ritornare, affacciarmi,
contemplarlo coi miei innumerevoli occhi,
opprimerlo con le multiple immagini, tutte vere,
con la declamazione dei miei molti nomi;
consentirgli di nuovo di sorprendermi,
rivelarmi umile, mia sola
tranquilla
ed invariabile maschera.
Sì, questo volli.
Ana Rossetti