E gli amanti giacciono nel letto
Con tutti i loro affanni tra le braccia,
Io mi affatico a una luce che canta
Non per pane o ambizione
O per pavoneggiarmi e vender fascino
Sui palcoscenici d’avorio,
Ma per il comune salario
Del loro più intimo cuore.
Non per il superbo che s’apparta
Dalla luna che infuria io scrivo
Su queste pagine di spuma
Né per i morti che torreggiano
Con i loro usignoli e i loro salmi,
Ma per gli amanti, per le loro braccia
Attorno alla angosce dei secoli,
Che non pagano lodi né salario
E non si curano del mio mestiere o arte.
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