Tante, tante cose ti vorrei dire che mi si
affollano alla mente e mi gonfiano in cuore e che diventano fredde e
sciocche nella carta. Questo solo ti dico, che ti ho ancora e sempre
dinanzi agli occhi, e ti accompagnano in ogni ora della tua giornata, e
sento che mi manca la più cara e la miglior parte di me stesso. Come hai
fatto a prendermi così? Quel viaggio che ho rifatto da solo, dopo
averlo fatto insieme a te è stato una gran tristezza; ogni luogo, ogni
pietra che abbiamo visto insieme mi ritorna dinanzi, e mi lega. Le
parole, gli atti, il tono della voce. Le parole che non dicesti e quelle
che non osai dirti. L'ombra che ti fuggiva nella fronte e gli occhi che
guardavano lontano. Ancora non mi dà pace di aver perduto questi giorni
che avrei potuto passare ancora insieme a te, o vicino a te. E se non
fosse la certezza di far pensare che son matto, farei il ballo del
ritorno anche per un sol giorno. Beata te che sei così giudiziosa ed
equilibrata! Vedi che un po' d'equilibrio l'hai dato anche a me! Però
domani sera voglio essere a Milano, senz'altra dilazione e vuol dire che
lontani per lontani guarderò almeno il posto dove ti vedevo passare
dalla finestra. Che sciocchezze, eh? Ebbi la tua lettera come una
carezza. Ma l'avevo aspettata tanto che sono andato ad aspettarla anche
all'arrivo del corriere dall'Italia. Scrivimi al "Continentale" dal
giorno del tuo arrivo. Io non mi permetto di darti dei consigli, ma
penso che se non potessi trovare l'alloggio per cui hai telegrafato, non
sarebbe poi la fine del mondo se tu andassi all'albergo fin che avessi
trovato di collocarti bene. Ti bacio quelle mani che mi attirano e mi
tengono stretto. Addio.
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