Mondo di ciò che è promesso,
acqua.
Nell’acqua tutto è possibile.
Appoggiato alla ringhiera,
il mondo che resta dietro
nell’acqua mi si fa chiaro,
e lo cerco,
dentro l’acqua, coi miei occhi,
e con l’anima, sull’acqua.
Il monte, corpo di rosa
nuda, indurita dai secoli,
mi si addolcisce nel verde
liquido, rompe catene,
e fugge, lasciando dietro il suo scheletro,
essa fluente, nell’acqua.
I tronchi dritti dell’albero
affidano
la loro linea, già stanca,
alle curve tentazioni
dei riflessi sulle onde.
E d’acqua nascono ai rami,
- bagliori di sole e schiuma -
Ii gennaio, delle foglie.
Perché l’anima del fiume
non ha inverni:
gli fioriscono dal fondo,
sulla sponda, ogni mattina,
dolci primavere morbide.
I vasti fondi del tempo,
delle distanze, si levigano
scordandosi il loro dramma:
separare.
Tutto si unisce e si appiana.
Il cielo più alto vive
confondendosi con l’erba
e con l’amore di Dio.
E chi ha un amore lontano,
vede nell’acqua, che ha un passo,
forme, voce, favolose
presenze di quel che ama.
Gli ordinamenti terrestri
smussano nelle onde il filo,
scordano che ci comandano;
possiamo, liberi, amare
quello che amiamo sull’acqua.
Oscillano gli impossibili,
tremanti come le canne
della sponda, ed alla rosa
e alla vita vengon meno
le spine che ci bucavano.
Va così dritta ed allegra
l’acqua verso il suo destino,
che al suo esempio si disarma
il terrore del futuro:
se lei arriva, arriveremo
anche noi, con lei, insieme,
al gran termine dell’ansia.
Ciò che è difficile in terra,
sulla terra,
trionfa nell’acqua esultando.
E mentre ancora si negano
- incostante, della terra -
baci, ed aurore, mattini,
proprio qui sul suolo fermo,
il fiume sicuro canta
gli impossibili possibili,
di onda in onda, le promesse
delle gioie liberate.
La terra nega ogni cosa,
tutto però mi si offre
da dentro l’acqua, sull’acqua.
acqua.
Nell’acqua tutto è possibile.
Appoggiato alla ringhiera,
il mondo che resta dietro
nell’acqua mi si fa chiaro,
e lo cerco,
dentro l’acqua, coi miei occhi,
e con l’anima, sull’acqua.
Il monte, corpo di rosa
nuda, indurita dai secoli,
mi si addolcisce nel verde
liquido, rompe catene,
e fugge, lasciando dietro il suo scheletro,
essa fluente, nell’acqua.
I tronchi dritti dell’albero
affidano
la loro linea, già stanca,
alle curve tentazioni
dei riflessi sulle onde.
E d’acqua nascono ai rami,
- bagliori di sole e schiuma -
Ii gennaio, delle foglie.
Perché l’anima del fiume
non ha inverni:
gli fioriscono dal fondo,
sulla sponda, ogni mattina,
dolci primavere morbide.
I vasti fondi del tempo,
delle distanze, si levigano
scordandosi il loro dramma:
separare.
Tutto si unisce e si appiana.
Il cielo più alto vive
confondendosi con l’erba
e con l’amore di Dio.
E chi ha un amore lontano,
vede nell’acqua, che ha un passo,
forme, voce, favolose
presenze di quel che ama.
Gli ordinamenti terrestri
smussano nelle onde il filo,
scordano che ci comandano;
possiamo, liberi, amare
quello che amiamo sull’acqua.
Oscillano gli impossibili,
tremanti come le canne
della sponda, ed alla rosa
e alla vita vengon meno
le spine che ci bucavano.
Va così dritta ed allegra
l’acqua verso il suo destino,
che al suo esempio si disarma
il terrore del futuro:
se lei arriva, arriveremo
anche noi, con lei, insieme,
al gran termine dell’ansia.
Ciò che è difficile in terra,
sulla terra,
trionfa nell’acqua esultando.
E mentre ancora si negano
- incostante, della terra -
baci, ed aurore, mattini,
proprio qui sul suolo fermo,
il fiume sicuro canta
gli impossibili possibili,
di onda in onda, le promesse
delle gioie liberate.
La terra nega ogni cosa,
tutto però mi si offre
da dentro l’acqua, sull’acqua.
Pedro Salinas
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