Entrano come animali dagli spazi
dell’agrifoglio dove le punte
non sono i pensieri su cui mi volgo, come uno yogi,
ma verdezza, oscurità così pure
che gelano e sono.
Oh Dio, io non sono come te
nel tuo nero vacuo,
pieno zeppo di stelle, sciocchi coriandoli di luce.
L’eternità mi annoia,
non l’ho mai voluta.
Quello che amo è
lo stantuffo in movimento –
la mia anima muore davanti a lui.
E gli zoccoli dei cavalli,
il loro impietoso mulinare.
E tu, grande Stasi–
Dov’è tutta questa grandezza!
È una tigre, quest’anno, questo ruggito alla porta?
È un Cristo,
la sua tremenda
parte divina
che muore dal desiderio di volare e farla finita?
Le bacche di sangue sono se stesse, immobili.
Gli zoccoli non ne vogliono sapere,
nella distanza azzurra fischiano gli stantuffi.
Sylvia Plath
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