S’inerpica per gli stanchi occhi del giorno
la visione confusa e cupa di un sogno.
Dovrai affrettarti ancora una volta,
adesso sola verso casa, per questa via.
Perché l’ombra tua nera, così
di continuo al tuo fianco rimanga,
non credere, non credere mai che laggiù
due occhi ti stanno aspettando.
Come sepolcro si posa la tua casa
sulla nuvola nella polvere degli alberi,
come ieri sulla testa una corona riposa
coni fili argentei della pioggia.
Dagli angoli silenziosi e oscuri
quando si aprì a te in faccia la porta
cento i saluti sussurrati e segreti
che svolazzarono stanchi al tuo incontro.
Palpita il cuore del buio, diresti,
in quella triste camera minuta
come nera serpe striscia la notte,
sulle tende accese e sottili.
Non un rintocco né melodia
dall’orologio affisso al petto del muro,
partecipa anche lui al peccato di quest’aria,
di questo silenzio, questa calma.
Nelle cornici antiche le immagini,
questi effimeri volti ridicoli
sbiancati dal volgere degli anni,
un tempo forse esistiti.
Come un grande occhio sta lo specchio,
in un angolo la sua calda visione,
e ha spinto sui vetri del suo sguardo
lo spirito ribelle della notte.
Tu, stanca come un passero vecchio
ti affacci verso un caldo letto,
con le palpebre chiuse e tremanti
riponi la testa nel petto dei fogli.
E piangono al tuo fianco diresti,
le anime dei morti da tempo
loro che riposarono su questo trono
prima di te, nei giorni andati.
Mille i moti sedati che vivono in loro,
e mille i lamenti agitati
come spuma che fugge
sul volto contratto degli stagni.
Trabocca il pino antico
del gracchiare di funesti corvi,
e di nuovo danza, sulle finestre,
la seta profumata della pioggia.
E senti quale gran pena
ribellarti con dolore tuo,
e annusi adesso quei fiori spuntati dal dolore
e forse nuovi, fulgidi versi,
così scriverai.
Forough Farrokhzad
la visione confusa e cupa di un sogno.
Dovrai affrettarti ancora una volta,
adesso sola verso casa, per questa via.
Perché l’ombra tua nera, così
di continuo al tuo fianco rimanga,
non credere, non credere mai che laggiù
due occhi ti stanno aspettando.
Come sepolcro si posa la tua casa
sulla nuvola nella polvere degli alberi,
come ieri sulla testa una corona riposa
coni fili argentei della pioggia.
Dagli angoli silenziosi e oscuri
quando si aprì a te in faccia la porta
cento i saluti sussurrati e segreti
che svolazzarono stanchi al tuo incontro.
Palpita il cuore del buio, diresti,
in quella triste camera minuta
come nera serpe striscia la notte,
sulle tende accese e sottili.
Non un rintocco né melodia
dall’orologio affisso al petto del muro,
partecipa anche lui al peccato di quest’aria,
di questo silenzio, questa calma.
Nelle cornici antiche le immagini,
questi effimeri volti ridicoli
sbiancati dal volgere degli anni,
un tempo forse esistiti.
Come un grande occhio sta lo specchio,
in un angolo la sua calda visione,
e ha spinto sui vetri del suo sguardo
lo spirito ribelle della notte.
Tu, stanca come un passero vecchio
ti affacci verso un caldo letto,
con le palpebre chiuse e tremanti
riponi la testa nel petto dei fogli.
E piangono al tuo fianco diresti,
le anime dei morti da tempo
loro che riposarono su questo trono
prima di te, nei giorni andati.
Mille i moti sedati che vivono in loro,
e mille i lamenti agitati
come spuma che fugge
sul volto contratto degli stagni.
Trabocca il pino antico
del gracchiare di funesti corvi,
e di nuovo danza, sulle finestre,
la seta profumata della pioggia.
E senti quale gran pena
ribellarti con dolore tuo,
e annusi adesso quei fiori spuntati dal dolore
e forse nuovi, fulgidi versi,
così scriverai.
Forough Farrokhzad
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