diventa caro, e non più nostro, di nessuno.
Nelle lente vene ancora piangono le frecce
e tu sorridi alla gente, come un serafino.
Dopo l'insonne notte sono deboli le mani,
e del tutto indifferenti ci sono gli amici e i nemici.
C'è un intero arcobaleno in ogni suono casuale,
e nel gelo a un tratto si sente odor di Firenze.
Teneramente risplendono le labbra, e l'ombra è più d'oro
presso gli occhi incavati. È la notte che ha bruciato
questo volto più luminoso, e dell'oscura notte
solo una cosa sono oscure in noi, gli occhi.
Marina Ivanovna Cvetaeva
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