…Dicono che c'è un tempo per seminare e uno più lungo per aspettare… io dico che c'era un tempo sognato che bisognava sognare.

...solo un sogno, un'emozione...una nuvola...solo un alito di vento che ti sfiora, solo l'eco dei tuoi passi nella sera...

martedì 13 settembre 2016

Venti di maggio

Venti di maggio, che ballate sul mare,
con gioia ballando un girotondo
di solco in solco mentre sulle onde
la schiuma vola, riceve ghirlande
e abbraccia l'aria con archi d’argento
vedeste in qualche luogo il mio vero amore?
Ahimè! Ahimè!
Venti di maggio!
Amore è infelice quando amore è lontano!
James Joyce

Non...

Non ti telefono.
Ti taccio.
Ti sono.
Le notti,
quando si svuotano i parchi,
parlo con le statue.
Jannis Ritsos

giovedì 8 settembre 2016

La descrizione della mia morte

Poiché era ormai una questione di ore
ed era nuova legge che la morte non desse ingombro,
era arrivato l’avviso di presentarmi
al luogo direttamente dove mi avrebbero interrato.
L’avvenimento era importante ma non grave.
Così che fu mia moglie a dirmi lei stessa: preparati.
Ero il bambino che si accompagna dal dentista
e che si esorta: sii uomo, non è niente.
Perciò conforme al modello mi apparecchiai virilmente,
con un vestito decente, lo sguardo atteggiato e sereno,
appena un po’ deglutendo nel domandare: c’è altro?
Ero io come sono, ma un po’ più grigio, un po’ più alto.
Andammo a piedi sul posto che non era
quello che normalmente penso che dovrà essere,
ma nel paese vicino al mio paese
su due terrazzi di costa guardanti a ponente.
C’era un bel sole non caldo, poca gente,
l’ufficio di una signora che sembrava già aspettarmi.
Ci fece accomodare, sorrise un po’ burocratica,
disse: prego di là – dove la cassa era pronta,
deposta a terra su un fianco, di sontuosissimo legno,
e nel suo vano in penombra io misurai la mia altezza.
Pensai per un legno così chi mai l’avrebbe pagato,
forse in segno di stima la mia Città o lo Stato.
Di quel legno rossiccio era anche l’apparecchio
da incorporarsi alla cassa che avrebbe dovuto finirmi.
Sarà meno di un attimo – mi assicurò la signora.
Mia moglie stava attenta come chi fa un acquisto.
Era una specie di garrota o altro patibolo.
Mi avrebbe rotto il collo sul crac della chiusura.
Sapevo che ero obbligato a non avere paura.
E allora, dopo il prezzo, trovai la scusa dei capelli,
domandandomi se mi avrebbero rasato
come uno che vidi operato inutilmente.
La donna scosse la testa: non sarà niente.
Non è un problema, non faccia il bambino.
Forse perché piangevo. Ma a quel punto dissi: basta,
paghi chi deve, io chiedo scusa del disturbo.
Uscii dal luogo e ridiscesi nella strada,
che importa se era questione solo di ore.
C’era un bel sole, volevo vivere la mia morte.
Morire la mia vita non era naturale.
Giovanni Giudici

Corniche


Tutto il giorno lavoro e non bevo mai
se tocco terra so che sono depresso.
Il Creatore adoro perché ho fatto me stesso
e alcune volte la settimana un filo elettrico mi corre nel petto.
La prima volta, stavo a pezzi un anno intero,
piangendo, incoerente; i sigari mi avevano smesso:
singhiozzavo a marce basse su ogni strada lungo la scogliera,
poi: cardiaco orrore. Mascherando tu-tum il mio battito sommesso.
Era la malattia della vittima. Adrenalina mi ululava in testa,
il cane nero era il mio cervello. Venne a soffocarmi nei respiri,
era il buco nero dell'energia, depressione, showman prima dell'alba
quando, tornando da una pipì, nella morte che hai ti giri e rigiri.
La meteorite vagante è sulla rotta per far sparire il tuo mondo,
sicuro. Ma sta' allerta, e che il suo arrivo riempia il tuo giorno.
Il forte muore solo una volta ? Mille volte io potrei andar via,
appeso al mio battito e a un passo da lì il precipizio del mondo.
Il ridere, che mai s'è ritratto intorno a genitali raggrinziti
o suicidati per smettere di morire. Il colpo che mai cade
ti scuote, istupidito. Solo gradualmente
noti in te un leggero disprezzo per quel che sgomenta.
Un io dentro l'io, freddo come una coscienza, uno che deve sparire
nella tua ultima notte, o faxato, riconosce sempre
dietro ogni cosa la muta grand'opera e l'effetto senza causa -
che la morte figurata non è il vero morire.
Il crocchio è illusione. Non c'è ancora il mondo fuori
ma tu cominci a vedere. Sei incantato come da una brutta opera
d'arte – ma per un inizio reale, che avvio! farfugli alla Casualità
sei controllato, misurato, calmato. Problemi il tuo cuore non ha.
Il terrore della morte non teme la morte.
La paura, allo stato puro, è intransitiva. Un Hindenburg di gran rabbia
si disfa, nonostante tutto, sulla tua vita. Guardalo, e sentirai quel flagello
ma come un tossico sniffi oltre la sbarra della gabbia
poiché ti aggrapperai a questa bestia finché ti avrà roso,
per il cristallo delle sue reni, l'elisir delle sue ali,
finché ogni tuo amore sarà la polizia di un'immensa fatica.
Io venni al mondo impreparato ma le ho imparate alcune cose.
Quando ti rivolti, sazio, nella pentola alla base dell'arcobaleno
è la vita che fa a gara e che rema e tu non puoi fare niente.
Se fossi stato veramente Dio potevi aver vissuto tutte le vite
che ora ti storpiano e in miseria vedi decadere.
A come Adrenalina, l'originale bomba A, benzina
e mortificazione delle aspirazioni, sbuffo dell'Illuminazione.
Quando Dio mi creò, io non ho avuto copione, ed è stato meglio.
Benché in tutto sia morte, comunque si muore impreparati.
Lee Murray 

Fuori Posto


Brucia all'inferno
questa parte di me che non si trova bene in nessun posto
mentre le altre persone trovano cose
da fare
nel tempo che hanno
posti dove andare
insieme
cose da
dirsi.
Io sto
bruciando all'inferno
da qualche parte nel nord del Messico.
Qui i fiori non crescono.
Non sono come
gli altri
gli altri sono come
gli altri.
Si assomigliano tutti:
si riuniscano
si ritrovano
si accalcano
sono
allegri e soddisfatti
e io sto
bruciando all'inferno.
Il mio cuore ha mille anni.
Non sono come
gli altri.
Morirei nei loro prati da picnic
soffocato dalle loro bandiere
indebolito dalle loro canzoni
non amato dai loro soldati
trafitto dal loro umorismo
assassinato dalle loro preoccupazioni.
Non sono come
gli altri.
Io sto
bruciando all'inferno.
L'inferno di
me stesso.
Charles Bukowski

mercoledì 7 settembre 2016

Dolore di cose che ignoro


Fitta di bianche e di nere radici
di lievito odora e lombrichi,
tagliata dall’acque la terra.
Dolore di cose che ignoro
mi nasce: non basta una morte
se ecco più volte mi pesa
con l’erba, sul cuore, una zolla.
                                  Salvatore Quasimodo

martedì 6 settembre 2016

Una Sfida Alle Tenebre



Colpito in un occhio
colpito nel cervello
colpito nel culo
colpito come un fiore nella danza
meravigliandomi per come la morte vinca senza fatica
meravigliandomi per come si presti fede a stupide forme di vita
meravigliandomi per come il riso venga soffocato
meravigliandomi per come il vizio sia così una costante
presto dovrò dichiarare la mia guerra alla loro guerra
devo aggrapparmi al mio ultimo pezzo di terra
devo proteggere il piccolo spazio che ho creato e che mi ha
permesso di vivere
la mia vita non la loro morte
la mia morte non la loro morte
questo posto, questo tempo, adesso
faccio voto al sole
che ancora una volta riderò di cuore
nel luogo a me perfetto
per sempre.
la loro morte non la mia vita.

Charles Bukowski