Per
Quijiote non ci sono le donne: c'è la donna, che è una e sola, ed è lui
stesso all'incontrario, mascherato di latenza e delirio per sopportarsi
e raffigurarsi. Ma dirla così è riduttivo e meschino. La sua donna è
tutto quel che avrebbe voluto fare o essere e non ha mai fatto e non è
mai stato: la sua donna è il limite, il confronto, lo specchio; di più, è
andare oltre il limite, dentro lo specchio e dimenticare la stanza
dall'altra parte, la casa dall'altra parte: amare come guardarla e
guardarsi, come incontrarla e incontrarsi al punto che tutte le
ingiustizie vere o presunte si fanno sibilo e poi bisbiglio e poi nulla,
al punto che tutti gli incroci di parole e di sguardi si fan tenerezza e
insostenibile ma irrinunciabile quiete di vivere. Ma chi aveva amato? Dove aveva amato così?
Roberto Vecchioni, "Cervantes", in "Viaggi del tempo immobile"
Roberto Vecchioni, "Cervantes", in "Viaggi del tempo immobile"
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